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Culto evangelico riformato

Page history last edited by Paolo E. Castellina 4 years, 1 month ago

Culto evangelico riformato


Nelle chiese riformate il culto è un servizio svolto alla gloria di Dio. E' un servizio svolto in comunione con Cristo perché intende continuare la Sua predicazione dell'Evangelo, i Suoi atti di misericordia, il Suo ministero di preghiera e la celebrazione dei sacramenti che Egli ha istituito. Il culto è, prima di tutto, un'opera di Dio, perché è suscitato, ispirato e costantemente sostenuto dallo Spirito Santo che opera nel cuore del singolo credente e della comunità riunita.

L'approccio riformato al culto lo si può meglio comprendere a partire da certi brani-chiave delle Sacre Scritture.

Secondo i criteri delle Sacre Scritture


Un principio fondamentale della teologia riformata è che il culto debba essere conformato e costantemente riformato dall'insegnamento delle Sacre Scritture. Che il culto debba essere conforme alla Parola di Dio è logica implicazione del fatto che esso sia inteso come opera di Dio. Il nostro culto è una risposta all'appello di Gesù e quindi comporta la promessa della Sua presenza ["Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente" (Matteo 28:20)].
Nell'elaborare questo principio, i Riformatori, particolarmente Giovanni Ecolampadio intendevano prendere una via di mezzo fra lo stretto principio che ciò che non è comandato dalle Scritture è proibito (il Principio regolatore del culto) e il principio liberale che ciò che non è proibito sia permesso. Per la fine del sedicesimo secolo questo, però, era diventato il punto qualificante del programma puritano di riforma liturgica come risulta dalla loro "Ammonizione" al Parlamento inglese del 1572. William Ames afferma, infatti, il principio agostiniano che nulla glorifichi Dio maggiormente che ciò che proviene da Dio stesso - cioè il nostro culto deve riflettere la gloria di Dio. Un'affermazione più equilibrata di questo principio si trova nella Confessione di fede di Westminster.
Già nella prima tavola della legge di Mosè Israele è chiamato a servire la gloria di Dio. Questo servizio deve essere rivolto verso l'unico e vero Dio e a nessun altro. Non devono essere usati nè idoli (che confondono la natura di Dio), né formule magiche (che profanerebbero il Nome di Dio). Al contrario, il popolo di Dio si deve riuniore nel giorno consacrato a Lui in memoria degli atti potenti manifestati da Dio nella creazione e nella redenzione. Per una teologia riformata del culto, una comprensione cristiana dei primi quattro comandamenti è sempre stata fondamentale (cfr. Zacharias Ursinus sul Catechismo di Heidelberg 93-103). Come disse Giovanni Calvino la prima tavola della legge è riassunta daGesù come il primo dei più grandi comandamenti, il comandamento dell'amore verso Dio. Il culto, quindi, lo si deve intendere nei termini del rapporto amorevole fra Dio e il Suo popolo (Istituzione 2:8:11-34). Paolo tratta di diverse questioni liturgiche in 1 Corinzi 10-14 nei termini di questo amore fondato sull'Alleanza fra Dio e il Suo popolo. E' per questa ragione che molti predicatori riformati come Thomas Shepard nella Nuova Inghilterra, John Willison in Scozia, e Gilbert Tennent nel New Jersey, spesso predicavano sulla festa nuziale dell'Agnello prima della celebrazione eucaristica. Essi comprendevano, infatti, il culto nei termini di amore ed Alleanza.

Gli elementi del culto


Quando Martin Bucer imposta il suo programma di riforma liturgica della chiesa di Strasburgo nell'opera Grund und Ursach del 1524, egli trae da Atti 2:42 che il culto debba consistere in:

  • Lettura e spiegazione delle Sacre Scritture;
  • comunione fraterna (espressa particolarmente dall'elemosina);
  • celebrazione dei sacramenti del battesimo e della Cena del Signore;
  • il servizio della preghiera quotidiana.

Indubbiamente a Strasburgo si sviluppa una ricca dieta di preghiera, incluso il canto dei Salmi, preghiere di confessione e di supplica, preghiere di intercessione, rendimento di grazie e benedizioni. Si dava spazio sia alla preghiera spontanea che liturgica. Martin Bucer, come generalmente la tradizione riformata, non è tanto interessato a come questi elementi liturgici si susseguano, ma che vi siano inclusi,

Le diverse dimensioni del culto


L'approccio riformato al culto può essere spiefato nei termini di diverse dimensioni del culto.

La dimensione kerigmatica


Vi è prima di tutto la dimensione kerigmatica. Gesù giunge predicando l'Evangelo del Regno. La predicazione dell'Evangelo è un atto di culto perché proclama il governo di Dio e testimonia della sovranità di Dio. Nel culto del Tempio di Gerusalemme molti dei Salmi erano acclamazioni alla sovrana presenza di Dio (es. Salmo 93; 96-99), non solo al riguardo di Israele, ma di tutte le nazioni. Allo stesso modo l'Evangelizzazione glorifica Dio proclamando la signoria di Cristo su tutte le nazioni e culture. La predicazione missionaria ed evangelistica del diciannovesimo e del ventesimo secolo comprendeva bene la dimensione kerigmatica del culto. Proprio come molti Salmi antichi erano kerigmatici, così pure molti inni cristiani sono kerigmatici. Gram parte della musica di chiesa è kerigmatica. Preludi e postludi d'organo mettono in rilievo la dimensione kerigmatica del culto cristiano proprio come il suono dello shofar e quello delle trombe annunciava nell'antico Israele l'inizio del giorno dedicato al Signore.

La dimensione epicletica


Il culto ha una dimensione epicletica: invoca il Nome di Dio come nostro aiuto e salvezza. L'epiclesi è una preghiera che invoca Dio. Proprio com'era importante per il culto nell'Antico Testamento non usare il Nome di Dio invano, così era importante per il culto del Nuovo Testamento santificare il Nome di Dio. Dio riceve il culto che Gli è dovuto quando il fedele invoca il Nome di Dio nel tempo del bisogno. Molti Salmi assumono il carattere di lamentazioni, suppliche e confessione di peccato (ad es. Salmi 22, 42, 51, 102, 130). Gesù usava questi Salmi nelle Sue preghiere, e nel Padre nostro Egli insegna ai Suoi discepoli di pregare per il perdono dei loro peccati, per avere ogni giorno il pane loro necessario, per essere liberati dal maligno, e per la venuta del Regno di Dio. Il culto riformato mette molto l'accento sull'invocazione del Nome di Dio all'inizio del culto stesso e sull'invocazione dello Spirito Santo prima di leggere e spiegare le Sacre Scritture. Nella celebrazione del Battesimo e della Cena del Signore, si invoca Dio Padre affinché mandi il Suo Spirito Santo per far sì che ciò che è significato nell'azione sacramentale diventi realtà nella vita di coloro che la ricevono

La dimensione profetica


Il culto ha una dimensione profetica. Gesù e i Suoi apostoli insistevano sul fatto che, benché la gloria di Dio sia oscurata dall'ingiustizia e dall'immoralità, essa è magnificata quando la comunità riunita per il culto riflette la santità di Dio (Michea 6:6-8; Amos 5:21-24; Isaia 6:3-8). Il servizio della gloria di Dio implica il servizio di misericordia verso il nostro prossimo (Matteo 22:36-39; Romani 12). La raccolta di decime ed elemosine, quindi, ha la sua giusta collocazione nel culto. E' un ministero diaconale che il servizio di misericordia ed il servizio di culto uniscono insieme. Theodor Fliedner e le diaconesse evangeliche tedesche hanno sviluppato questo molto bene. E' da questa dimensione profetica che il culto delle chiese riformate hanno sviluppato una liturgia semplice ed ordinata, evitando forme liturgiche sontuose. Come disse Giovanni Calvino: "L'umiltà è l'inizio del culto" (Commentario su Michea 6:8).

La dimensione sapienziale


La tradizione sapienziale dell'Antico e del Nuovo Testamento ci mostra un'altra dimensione del culto. La tradizione sapienziale si rallegrava della Parola di Dio (Salmo 1:2,3). Nello studiare la Parola di Dio, nel mandarla a memoria, nell'insegnarla, predicarla e viverla, Dio era glorificato. Come nel Salmo 19, la Legge, la Parola di Dio, dà gloria a Dio nello stesso modo in cui lo fa l'ordine della creazione. Dio, difatti, si rallegra nella sapienza (Proverbi 8:30). Nella cristologia giovannea del logos troviamo come la tradizione sapienziale si accosti al culto (Giovanni 1:14-18; 2:1-11; 6:25-69; 20:29-31). La dimensione sapienziale ci aiuta a comprendere l'importanza della predicazione nel culto riformato. I sermoni di lrico Zwingli, Thomas Goodwin o Charles H. Spurgeon si rallegrano delle Sacre Scritture. I 190 sermoni di Thomas Manton solo sul Salmo 119 possono essere meglio apprezzati nei termini di questo rallegrarsi nella Parola.

La dimensione dell'Alleanza


Nel culto riformato troviamo, infine, la dimensione dell'Alleanza. Questo lo troviamo nel culto descritto in Esodo 24. Il "libro del Patto" viene letto, e con i voti della fede, il Patto è suggellato sia con l'aspersione del sangue dei sacrifici, sia partecipando ad un convito. Già nelle prime fasi della Riforma protestante Heinrich Bullinger aveva sviluppato una comprensione dei sacramenti come di qualcosa strettamente legato all'Alleanza. Da allora, i teologi riformati, incoraggiati da 1 Corinzi 11:25 "Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me", hanno visto queste assemblee del popolo del patto nell'Antico Testamento come prefigurazioni del culto cristiano, laddove la frazione del pane e la condivisione della coppa del vino uniscono i cristiani nel nuovo ed eterno Patto. Così pure avviene nel Battesimo, perché era un segno del patto come la circoncisione, amministrata debitamente pure ai figli dei credenti nati nell'ambito della comunità legata a Dio da un patto.

 

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