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Sacerdozio

Page history last edited by Paolo E. Castellina 4 years, 1 month ago

Sacerdozio


Sacerdote traduce nella Bibbia l'ebraico כּהן (kôhên) e il greco ἱερεύς (hiereus).

Antico Testamento

Il sacerdote è un uomo che in virtú del suo ufficio e nell'ambito di una data tradizione religiosa è "santo" cioè particolarmente dedicato alla divinità: egli ha la "conoscenza" di Dio, della cui volontà è interprete ed ha spesso, ma non necessariamente, una parte importante nel culto. Anche in Israele il sacerdozio costituisce un'istituzione permanente di uomini dedicati al servizio di Yahweh, le cui origini risalgono alle origini stesse del popolo e sono collegate alla tribù di Levi, cui appartenevano Mosè: ed Aaronne. Nei tempi più antichi i Leviti formavano una specie di corporazione religiosa particolarmente fedele a Yahweh, al suo culto ed alle sue leggi (cfr. Esodo 32:26-28, Deuteronomio 33:8-11).
Nell'epoca patriarcale i sacerdoti non avevano l'esclusiva del sacerdozio, soprattutto per quel che riguarda i sacrifici (cfr. Genesi 12:7; 13:18 ecc.). Nell'epoca piú antica i sacerdoti erano stimati e ricercati per la loro conoscenza delle cose divine e perché sapevano interrogare Yahweh mediante le sorti (Urim e Tummim e Efod) cfr. la storia di Mica in Giudici 17:4-13).
Con il sorgere della monarchia il sacerdozio di Gerusalemme viene riorganizzato e sviluppato, fino a diventare uno dei cardini della religione di Israele; al nucleo dei sacerdoti levitici (cfr. Abiathar, [[Primo libro di Samuele|1 Samuele 22:20, 2 Samuele 20:25, della casa di Eli, probabilmente di famiglia levitica) si aggiunge la dinastia sacerdotale di Tsadok. Il sacerdozio era ereditario ed in stretto legame con la monarchia. Le sue attribuzioni non erano limitate al culto, come generalmente si crede: ai sacerdoti apparteneva l'insegnamento" della Legge intesa come volontà di Dio. A questo insegnamento sacerdotale risalgono la legislazione scritta di Israele e la trasmissione delle antiche tradizioni sulle origini e parte della poesia cultuale.La riforma di Giosia è la naturale conclusione di questo sviluppo del sacerdozio di Gerusalemme. I sacerdoti degli altri santuari, che non avevano cessato di avere una certa importanza, sono allora stabiliti in una posizione subordinata (2 Re 23:9) e quelli che si trasferiscono a Gerusalemme sono assimilati agli inservienti del tempio, ai quali è da allora riservato il nome di Leviti. Questa distinzione si precisa con l'esilio, nel progetto di Ezechiele (Ezechiele 44:10-14) e nella legislazione sacerdotale. Quest'ultima descrive le funzioni dei sacerdoti e dei leviti come erano nel secondo Tempio, pur attribuendo idealmente ogni cosa al tempo del deserto. Si veda i passi che ne trattano: il sacerdozio limitato alla casa di Aaronne: Esodo 28:1, Numeri 3:2-4, 10; la consacrazione sacerdotale, Esodo 29, Levitico 8; i paramenti; la purità rituale dei sacerdoti: Levitico 21; i proventi dei sacrifici e delle decime: Numeri 18:8-32; la divisione in ventiquattro mute: 1 Cronache 24:1-19, cfr. Levitico 1:8-9; le famiglie levitiche: Numeri 4; le funzioni dei leviti: Numeri 3:5-9, 1 Cronache 23:28-32; loro consacrazione: Numeri 8:5-26; ad essi appartennero (piú tardi) i cantori, 1 Cronache, e i portinai, 1 Cronache 26:1-19.L'organizzazione del sacerdozio era strettamente gerarchica ed ereditaria: appartenendo alla tribú di Levi, i sacerdoti erano tali in quanto discendenti di Aaronne; fra questi il sommo sacerdote rappresentava la linea primogenita. Egli aveva funzioni religiose ed insieme civili e politiche ed era, dopo l'esilio, il vero capo della comunità di Israele, che egli in certo modo impersona (cfr. Numeri 27:1).Al tempo dei Maccabei sacerdote e sovrano si identificano. Solo il sommo sacerdote poteva entrare nel luogo santissimo nel giorno delle espiazioni. In questo periodo tuttavia le funzioni sacerdotali restano praticamente limitate al culto sacrificale: l'insegnamento o meglio l'interpretazione della legge oramai fissata passano ad una nuova categoria, gli Scribi. Tale era la situazione del sacerdozio anche al tempo di Gesù: essi erano l'antica nobiltà religiosa (i Sadducei), ancora influente a Gerusalemme, ma la cui funzione era limitata alla celebrazione dei sacrifici. La funzione importante di maestri e guide del popolo era passata ai Farisei.Con la distruzione del Tempio sparirono senza essere rimpianti dal popolo.

Nuovo Testamento

Nel Nuovo Testamento ogni sacerdozio particolare è abolito, in quanto Gesù Cristo è il sommo sacerdote eterno, "secondo l'ordine di Melchisedec" (cfr. Ebrei 5:6 e cap. 7-8, 10:21). Nei Vangeli troviamo la parola sacerdote riferendosi unicamente ai sacerdoti del popolo ebraico. I "collaboratori" che Cristo si è scelto sono chiamati apostoli ("inviati") o discepoli.
Gli Atti degli apostoli e le lettere di San Paolo si riferiscono ai ministeri della chiesa con le parole "episcopato" che ha una valenza di controllo e vigilanza, "presbiterato" ovvero l'anziano della comunità, "diaconia" per il servizio pratico.
La Lettera agli Ebrei spiega chiaramente che nella religione cristiana non vi sia più bisogno di sacerdoti come nell'Antico Testamento perché esiste un unico grande sommo sacerdote nella persona di Gesù Cristo, che si è offerto al Padre una volta per tutte per togliere i peccati degli uomini.
In un altro senso, tutti i credenti sono un real sacerdozio (1 Pietro 2:5, Apocalisse 20:6, cfr. 19:6). Il Nuovo Testamento usa "sacerdote" e "sacerdozio" in riferimento a tutti i battezzati. Ciò perché essi, in forza dell'unione con Cristo, possono accedere direttamente a Dio e offrire il sacrificio della lode, della preghiera e delle loro opere.Perciò assente dal Nuovo Testamento è la figura del sacerdote nel senso usuale della parola.

Sacerdote nel Cristianesimo posteriore

La prospettiva del Nuovo Testamento si mantiene nei padri apostolici e nei padri della chiesa dei primi secoli. È evidente la necessità di affermare la specificità sia nei confronti del sacerdozio ebraico, sia nei confronti dei sacerdoti pagani.
Verso il IV secolo, quando ormai non esisteva più la problematica del confronto né con gli ebrei né con i pagani, nella religione cristiana si tornò ad usare "sacerdote" per indicare il ministero ecclesiastico, riscoprendo così il ricco substrato dottrinale del ministero dell'Antico Testamento.
Concretamente, ciò ha comportato anche una "sacralizzazione" del ministero, nel quale si è via via enfatizzato sempre di più l'aspetto liturgico (sacramenti), a detrimento di quelli di guida e di insegnamento.
Nel cattolicesimo e nelle altre confessioni cristiane che affermano l'esistenza di un sacerdozio "ministeriale" distinto da quello di tutti i credenti, il "sacerdote" è il vescovo e il presbitero, in conseguenza dell'ordine sacro che hanno ricevuto.
Nella sistemazione dottrinale tridentina del Cattolicesimo, l'ordine sacro è il sacramento che attribuisce in modo permanente a una persona il ministero ecclesiastico del presbiterato (rimase controversa la definizione della sacramentalità dell'episcopato).
Sempre nel Cattolicesimo, a seguito del Concilio Vaticano II si è riscoperto la ricchezza dell'insegnamento della Chiesa antica, e parla oggi di due sacerdozi: il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale. Il primo corrisponde all'uso della parola "sacerdote" nel nuovo testamento e nei primi secoli.
Il ritorno alla prospettiva originaria ha comportato nel Cattolicesimo anche un cambiamento nella concezione del ministero ecclesiastico, che oggi ha nuovamente la ricchezza che aveva nei primi secoli: ministero della parola, ministero della guida pastorale, ministero della presidenza della liturgia. Come tutti i ministeri della Chiesa Cattolica, il sacerdozio non è ereditario, ma è conseguenza di una "chiamata" individuale rivolta alla singola persona.
Nel Protestantesimo la funzione del sacerdote è solo attribuita a Cristo il cui ministero non è condiviso da alcun altro, nemmeno in senso derivato. I pastori non sono considerati sacerdoti.     

 

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