| 
  • If you are citizen of an European Union member nation, you may not use this service unless you are at least 16 years old.

  • You already know Dokkio is an AI-powered assistant to organize & manage your digital files & messages. Very soon, Dokkio will support Outlook as well as One Drive. Check it out today!

View
 

Salmi (sessanta) di David tradotti in rime volgari italiane, accompagnati dal canto, 1650

Page history last edited by Paolo E. Castellina 4 years ago

Sessanta Salmi di David tradotti in rime volgari italiane, secondo la verità del testo ebreo, col Cantico di Simeone e i Dieci Comandamenti della Legge: Ogni cosa insieme col canto, Ginevra, 1650

 

 

Sessanta Salmi di David tradotti in rime volgari italiane, secondo la verità del testo ebreo, col Cantico di Simeone e i Dieci Comandamenti della Legge: Ogni cosa insieme col canto, Ginevra, 1650

 

 Epistola 

 

A tutti icristiani ed amatori della Parola di Dio

 

Sì come grandemente si richiede, che è una delle cose più necessarie del Cristianesimo, che ogni fedele nel grado suo abbia in osservazione e mantenga la comunione della Chiesa, continuando e frequentando le congregazioni che si fanno, tanto le Domeniche quanto gli altri giorni, per servire ed onorare Dio, così è ragionevole e conveniente che tutti sappiano ed intendano quel che si fa e si dice nel tempio, per ricevere frutto ed edificazione. Perciocché il nostro Signore non ha mica istituito l'ordine che noi dobbiamo tenere, quando ci congreghiamo nel Nome Suo, solamente per occupare la gente in vedere e riguardare: anzi, ha voluto che ne venga utile a tutto il suo popolo, come S. Paolo testifica, comandando che tutto quel che si fa nella Chiesa si riduca alla comune edificazione di tutti. La qual cosa il servitor non comanderebbe, che l'intenzione del padrone non fosse tale. Or questo non può già farsi, senza che noi intendiamo bene tutto quel che è stato ordinato per nostra utilità.

 

Dire che noi possiamo avere devozione, o nelle orazioni, o nelle cerimonie, senza niente intenderne, è una grandissima sciocchezza e bestialità, quantunque si dica comunemente: la buona affezione verso Dio non è mica una cosa morta né insensibile, ma è un movimento vivo che procede dallo Spirito Santo, quando il cuore ne è direttamente toccato e l'intelletto illuminato. E con effetto, se l'uomo potesse essere edificato nelle cose che si vedono, senza intendere quel che significano, S. Paolo non proibirebbe così severamente il parlare in lingua non intesa, né addurrebbe questa ragione, che dove non è dottrina, ivi non è edificazione alcuna. Però, se noi vogliamo bene onorare le sante ordinanze del Signore che noi usiamo nella Chiesa, bisogna principalmente sapere quel che esse contengono, quel che esse significano, a qual fine esse sono indirizzate, affinché l'uso di esse sia utile e salutifero e, per conseguente, ben regolato. Tre cose sono, insomma, quelle che il nostro Signore ci ha comandato che noi osserviamo nelle nostre congregazioni spirituali, cioè la predicazione della sua Parola, le pubbliche e solenni orazioni, e l'amministrazione dei suoi sacramenti. Io lascio per ora di parlare della predicazione, con ciò sia che essa non accade trattarne qui. Ma quanto alle altre parti, noi abbiamo il comandamento dello Spirito Santo che le orazioni si facciano in lingua comune intesa dal popolo. Dove l'Apostolo dice che il popolo nom può rispondere Amen all'orazione che si fa in lingua strana. Ora, egli è certissimo, che da poi che si fa in nome e in persona di tutti, ciascuno ne abbia ad essere partecipe. Per la qual cosa, ella è ben stata una grandissima impudenza di coloro che hanno introdotto la lingua latina per le chiese, dove essa non era comunemente intesa: e non c'è colore, non c'è arguzia né cavillazione alcuna, onde si possano scusare, che questo non sia un pessimo costume che gravemente dispiace a Dio. Non bisogna darsi, infatti, ad intendere che egli sia grato per quello che si fa per diretto contro al suo volere, e come a dispetto suo: e maggior dispetto non gli si potrebbe fare che procedere così contro la sua proibizione, e gloriarsi di questa ribellione, come se fosse una cosa santa e molto lodevole. Quanto ai Sacramenti, se noi consideriamo bene la loro natura, conosceremo che essa è una malissima usanza il celebrarli in modo che il popolo non ne abbia sennò la vista, senza dichiarazione alcuna dei misteri che si contengono in essi. Perciocché, se sono parole visibili, come S. Agostino le chiama, non bisogna che vi sia solamente uno spettacolo esteriore, ma che sia insieme congiunta la dottrina, per darne intendimento. E altresì il nostro Signore nell'istituirli ed ordinarli, ha ben mostrato questo medesimo, con ciò sia che egli dice che sono testimoni della confederazione che egli ha fatta con noi e confermata con la sua morte. Bisogna dunque, per dar luogo a tali testimonianze, che noi sappiamo ed intendiamo che vi si dice, altrimenti esso signore parlerebbe invano, non essendoci chi l'intendesse. Benché non sia necessario farne lunga disputa, perciocché quando la cosa sia esaminata e giudicata con buon sentimento, non sarà persona che non confessi che egli è un mero gioco di bagatelle, il tenere il popolo a bada nei segni, senza dichiarargliene il significato. Laonde si vede chiaramente che si profanano i Sacramenti di Gesù Cristo, amministrandoli in tal sorte che il popolo non intenda le parole che vi si dicono. E con effetto si vedono le superstizioni che ne sono uscite, dato che comunemente si stima che la consacrazione, così dell'acqua del battesimo, come del pane e del vino nella Cena del Signore, sia come una specie di incantamento, cioè che quando vi si è soffiato sopra e pronunciato le parole, le creature insensibili ne sentano la virtù, ancor che gli uomini non intendano niente. Ora, la vera consacrazione è quella che si fa con la parola della fede quando è dichiarata e ricevuta, come dice S. Agostino. il che è compreso espressamente nelle parole di Gesù Cristo. Imperocché egli non dice al pane che diventi il suo corpo, ma indirizza il suo parlare alla compagnia dei fedeli, dicendo: Prendete, mangiate ecc. Se noi vogliamo dunque convenientemente celebrare il sacramento, bisogna avere la dottrina, per la quale ci sia dichiarato ciò che è significato in esso. Io so bene che questo par forse strano a coloro che non l'hanno in uso, si come suole avvenire in tutte le cose nuove. Ma egli è pur ragionevole, se noi siamo discepoli di Gesù Cristo, che noi anteponiamo la sua ordinazione alla nostra usanza, nè ci deve parer nuovo ciò che egli ha ordinato fin dal principio. Se questo non può ancora entrare nell'intelletto di ognuno, ci bisogna pregare Iddio, che gli piaccia di illuminare gli ignoranti, per far loro intendere quanto egli sia più savio che tutti gli uomini del mondo, affinché essi imparino a non starsene più al loro giudizio né alla stolta e pazza sapienza di coloro che li guidano e li conducono, quali son tutti ciechi. Intanto, per l'uso della nostra Chiesa, ci è parso a proposito far pubblicare come un formulario delle orazioni e dei Sacramenti, affinché ciascuno possa riconoscere quel che ei sente dire e fare nella congregazione cristiana. Benché questo libro non sarà solo utile al popolo di questa chiesa, ma tutti quelli ancora che desiderano sapere qual forma devono tenere e seguire fedeli quando si radunano insieme nel nome di Gesù Cristo. Noi abbiamo dunque raccolto in un sommario il modo di celebrare sacramenti e di santificare il matrimonio, e similmente delle orazioni e laudi che noi usiamo. Dei sacramenti ne parleremo poi a suo luogo. 

 

Ma quanto alle pubbliche orazioni, è da sapere che ce ne sono di due maniere. Alcune si fanno con semplici parole e altre insieme col canto. E questa non è già cosa trovata da poco tempo in qua: dato che questo si è usato fin dalla prima origine della Chiesa, come appare dalla storia. E San Paolo ancora non dice che si faccia orazione soltanto con la bocca, ma che si canti ancora. Ed invero noi conosciamo per esperienza che il canto ha gran forza ed efficacia per muovere ed infiammare il cuore degli uomini ad invocare e lodare Dio con uno zelo più vivo e ardente. E bisogna ben sempre aver cura che il canto non sia vano e leggero, ma che esso abbia gravità e maestà, come dice S. Agostino, e così che vi sia gran differenza fra la musica che si fa privatamente in casa per ricreazione, e Salmi che si cantano nella Chiesa in presenza di Dio e dei suoi angeli. Or se altri vorrà giudicare rettamente della forma che qui è posta, noi speriamo che essa sarà trovata santa e pura, veduto che essa è semplicemente ordinata all'edificazione di che noi abbiamo parlato. Benché l'uso del cantare si stende ancor più oltre, cioè che per le case ancora e per le città, ci debba essere un incitamento, e come un organo a laudare Iddio, e alzare inostri cuori a Lui per consolarci, considerando e meditando la virtù sua, la sua bontà, sapienza e giustizia. Il che non si potrebbe mai dire quanto sia necessario.

 

Primamente non senza ragione lo Spirito Santo ci esorta così diligentemente per le Sante Scritture a rallegrarci in Dio e a riferire a Lui ogni nostra allegrezza, come a suo vero fine: perciocché egli conosce bene quanto noi siamo inclini a rallegrarci vanamente. Siccome dunque la nostra natura ci tira e induce a cercar tutti mezzi d'allegrezza vana e viziosa, così per il contrario il nostro Signore per ritrarci e rimuoverci dagli allettamenti della carne e del mondo, ci mette innanzi tutti mezzi possibili, acciocché noi ci occupiamo in questa gioia e allegrezza spirituale, la quale Egli ci raccomanda tanto. Ora, tra le altre cose che son proprie per ricreare l'uomo, e per dargli piacere, la musica è, o la prima o una delle principali: e dobbiamo stimare che essa sia un dono di Dio, deputato a questo uso. Per il che tanto più dobbiamo noi procurare di non usarla malamente, per non profanarla e contaminarla, convertendola in nostra condanna, dove essa era prima dedicata a nostra utilità e salute. Quando non ci fosse mai altra considerazione che questa sola, essa ci deve muovere grandemente a moderare l'uso della musica per farla servire ad ogni onestà, e che essa non ci sia occasione d'allentarci la briglia alle dissolutezze, o di darci in preda a delizie disordinate, e che essa non ci sia strumento di lussuria né di alcuna impudicizia. Ma egli ci è ancor questo di più, che a fatica si trova cosa al mondo che più possa voltare o piegare costumi degli uomini, che la musica, come Platone ha prudentemente considerato. E con effetto noi proviamo per speranza che essa ha una virtù segreta e quasi incredibile, a muovere gli animi o in questa parte o in quella. Laonde noi dobbiamo esser tanto più diligenti a moderarla e regolarla in tal sorte che essa ci sia utile e non dannosa in modo alcuno. Per questa ragione Dottori antichi della Chiesa si lamentavano spesse volte che il popolo del lor tempo era dedito a canzoni disoneste ed impudiche, le quali essi, non senza ragione, giudicano e chiamano veleno mortale e diabolico da corrompere il mondo. 

 

Parlando ora della musica, io comprendo due parti: una è la lettera, ovvero soggetto e materia, e l'altra è il canto, ovvero la melodia. Egli è certo che ogni tristo parlare (come dice San Paolo) corrompe buoni costumi, ma quando la melodia vi è congiunta, ciò trapassa molto più vivamente il cuore e penetra dentro in tal modo che siccome per un imbuto il vino si mette dentro al vaso, così il veleno e la corruzione si distilla infino al profondo del cuore per la melodia. Che s'ha dunque a fare? Procurar, cioè, di avere canzoni, non solamente oneste, ma anco sante, le quali ci siano come stimoli per incitarci a pregare e laudare Dio, a considerare e meditar le sue opere, per amarlo, temerlo, onorarlo e glorificarlo. Ora, egli è vero quel che dice S. Agostino, che nessuno può cantare cose degne di Dio, se non le ha ricevute da Dio proprio. Per la qual cosa, quando noi avremo ben cercato e riguardato dappertutto, non troveremo miglior canzoni né più proprie e convenienti per tale effetto, che Salmi di Davide, i quali lo Spirito Santo gli dettò. E però, quando noi li cantiamo, siamo certi che Dio ci mette in bocca le parole non altrimenti se Egli stesso cantasse in noi per celebrare ed esaltare la Sua gloria. Laonde san Giovanni Crisostomo esorta uomini e donne e fanciulli, che si assuefacciano a cantarli, acciocché questo sia come una meditazione per congiungersi alla compagnia degli angeli. Quanto al resto, bisogna che ci sovvenga quanto dice S. Paolo, che le canzoni spirituali non si possono ben cantare se non col cuore. Ora il cuore ricerca necessariamente l'intelligenza e in questo (dice S. Agostino) consiste la differenza fra il canto degli uomini e quello degli uccelli, in quanto che una calandra, un usignolo, un pappagallo, e simili, canteranno bene, ma lo faranno senza intendere: dove proprio il dono dell'uomo e di cantare intendendo quel che dice e pronuncia. Dopo l'intelligenza deve seguire il cuore e l'affezione: e questo non può essere senza che noi abbiamo il cantico impresso nella memoria, per non cessar mai di cantare. Pertanto, il presente libro deve eziandio per questo canto (oltre alle altre cose che si son dette) essere carissimo a ciascuno che desidera consolarsi e rallegrarsi onestamente secondo Dio: e ciò a sua propria salute e edificazione del suo prossimo. E così non ha bisogno di essere molto raccomandato da me, che esso porta con se stesso il pregio della sua lode. Solamente dirò che il mondo avvertisca bene che in luogo di canzoni parte vane e frivole, parte sciocche e inette, parte sporche e disoneste, e per consequente tristi e nocive, le quali ha per addietro usate, s'avvezzi da ora innanzi a cantare questi divini e celesti cantici insieme col buon re Davide. Quanto alla melodia, è parso che essa dovesse essere moderata e regolata ne l modo che qui s'è posta, per aver gravità e maestà conseguente al soggetto, e eziandio per essere propria a cantar nella Chiesa come s'è detto.

 

AL LETTORE

 

Oh quanto avventuroso

Dirsi potrà colui che ai giorni suoi

Il bifolco udirà, guidando buoi,

Laudi cantare al Signor glorioso.

 

E così per le strade

Della fedel cittade

Mentre son con le mani e gli occhi intenti

A varie opere e lavori,

Gli artisti udrà, di puro affetto ardenti,

A Dio Salmi cantare.

 

E i medesimi anco fare

Pastorelle e pastori,

Mentre che i loro armenti

Vanno pascendo il giorno.

Facendo risonar con dolci accenti

Le valli e i colli intorno,

E le ombrose foreste,

Del sacro nome del Signor celeste.

 

SLS. 

 

 

 

Comments (0)

You don't have permission to comment on this page.