Le Chiese battiste
Due correnti storiografiche si contrappongono a proposito delle origini – e quindi della collocazione tipologica – dell’intero movimento battista.
Una prima corrente, più antica, che ebbe come principale esponente nel secolo scorso Thomas Armitage (1819-1896), riconduce i battisti alla Riforma radicale e in particolare agli anabattisti, da cui deriverebbero.
Una seconda corrente – prevalente nel XX secolo negli Stati Uniti (ma non necessariamente in Europa) – rifiuta l’origine “radicale” e anabattista, e considera invece il movimento battista come una derivazione all’interno del mondo riformato di origine calvinista. Secondo uno dei principali esponenti di questa corrente storiografica, Robert G. Torbet, “i battisti non hanno condiviso con gli anabattisti l’avversione di questi ultimi nei confronti del giuramento e delle cariche pubbliche. Né hanno adottato le dottrine pacifiste degli anabattisti, o le loro vedute teologiche sull’incarnazione, l’escatologia, la necessità di osservare una successione apostolica nell’amministrazione del battesimo” (A History of Baptists, The Judson Press, Chicago 1950, p. 62).
Questo non significa – naturalmente – che i battisti non siano stati influenzati da correnti della Riforma radicale, in particolare dai mennoniti, da cui oggi sono tuttavia distanti nella teologia e nello stile di vita. I mennoniti hanno del resto influenzato soprattutto la corrente battista più antica ma destinata storicamente ad acquistare minore diffusione, quella dei cosiddetti “battisti generali” la cui fondazione si può fare risalire a John Smyth (1570-1612). Perseguitato in Inghilterra come dissidente, Smyth si trasferisce in Olanda nel 1607. Qui Smyth è fortemente influenzato dai mennoniti olandesi, nella cui Chiesa peraltro – contrariamente a una leggenda diffusa – non è mai ricevuto. I suoi seguaci sono però assorbiti dai mennoniti dopo la sua morte, mentre il suo compagno Thomas Helwys (1550-1616) – che era venuto dall’Inghilterra con Smyth, ma che se ne era separato non condividendo le sue inclinazioni mennonite – decide di ritornare nelle Isole Britanniche. Questo primo gruppo di “battisti” – almeno secondo la ricostruzione storiografica oggi dominante – continua a muoversi nell’ambito di una teologia riformata, ma critica il legame di talune Chiese riformate (come della Chiesa anglicana) con lo Stato, che vede simboleggiato nel battesimo dei bambini. A quest’ultimo è sostituita la libera scelta del battesimo degli adulti.
Dopo la morte di Smyth il gruppo che trae origine da lui adotta, sul problema della grazia e della predestinazione, la posizione arminiana (secondo cui la grazia è offerta a tutti), distinta sia dal classico predestinazionismo calvinista sia dall’interpretazione mennonita del libero arbitrio. La nozione “generale” della redenzione (per tutti, non per i soli predestinati) è all’origine del nome di “battisti generali”. La corrente dei “battisti generali” influenza certamente la nascita dei primi “battisti particolari” (che mantengono invece la nozione calvinista della predestinazione). Il battismo “particolare” può essere considerato uno sviluppo radicale del mondo puritano, nel senso che la separazione del calvinismo inglese dalla Chiesa d’Inghilterra è sottolineata con il rifiuto del battesimo ricevuto dagli anglicani e dagli stessi congregazionalisti, che erano sì calvinisti ma la cui genealogia risaliva ancora, tutto sommato, alla Chiesa d’Inghilterra. Queste posizioni sono difese tra gli altri da Henry Jacob (1563-1624), che peraltro non diventerà mai tecnicamente un battista. I “battisti particolari” riprendono anche la dottrina dell’immersione come modalità corretta del battesimo, che tra i battisti “generali” era stata insegnata fin dal 1609. Nel 1644 questa dottrina è incorporata nella Confessione di fede di Londra, che rimane un documento centrale (e radicato nella tradizione calvinista) nella storia del battismo.
Benché le storie delle origini battiste dedichino spesso più spazio ai “generali” che ai “particolari”, non si deve dimenticare che il battismo così come oggi lo conosciamo deriva largamente dalla corrente “particolare”, anche se piccoli gruppi di “generali” – come la General Association of General Baptists del Missouri – hanno resistito all’assimilazione e continuano negli Stati Uniti un’esistenza indipendente. La maggioranza delle denominazioni battiste attive oggi nel mondo deriva invece dai “particolari”, ma si è divisa su altre questioni. Vi sono per esempio denominazioni battiste “del Settimo Giorno” (le cui origini risalgono al lontano 1617) che sono “sabbatiste”, cioè considerano giorno del Signore il sabato in luogo della domenica: queste denominazioni sono rimaste piccole, ma sono alle origini del successo del sabbatismo negli Stati Uniti, particolarmente presso il gruppo (maggioritario) di avventisti detto appunto del Settimo Giorno.
Negli Stati Uniti la guerra civile e la questione della schiavitù dividono nel 1845 la Convenzione battista del Sud (oggi il più grande organismo battista del mondo per numero di fedeli) dalla Convenzione battista del Nord (chiamata in seguito Convenzione battista americana e oggi Chiese battiste americane), quest’ultima di orientamento teologicamente più liberale. Il rifiuto della cooperazione missionaria interprotestante aveva già portato agli inizi del XIX secolo alla formazione di una corrente “battista primitiva” negli Stati Uniti, che conserva ancora oggi un notevole vigore; la controversia sul fondamentalismo porterà più tardi nel 1920 alla fondazione all’interno dei battisti del Nord degli Stati Uniti della Conservative Baptist Fellowship, che è all’origine di numerose denominazioni conservatrici e dell’attuale Conservative Baptist Association of America. Infine si deve tenere conto di un vigoroso battismo afro-americano, in parte organizzato in denominazioni, come la Convenzione battista nazionale degli U.S.A., che sono separate dalle denominazioni battiste prevalentemente bianche, anche se in dialogo con loro.
Le divisioni di questa grande corrente (37 milioni di membri adulti e “professanti”, settanta milioni di “popolazione complessiva” che nelle statistiche battiste comprende anche i bambini e i simpatizzanti) hanno avuto qualche riflesso anche sulle missioni italiane. Un interesse per l’Italia è sorto nel mondo battista dopo l’Unità. La prima missione, nata in ambiente battista inglese in modo spontaneo, sorge a Bologna nel 1863 con il nome Gospel Mission to the Italians. Se questa esperienza ha breve durata, assai più duratura si rivela The Spezia Mission for Italy and the Levant, costituita a La Spezia nel 1866 dal pastore inglese Edward Clarke (1820-1912). Dopo la presa di Roma nel 1870, l’entusiasmo dei battisti anglosassoni per l’Italia cresce, e a Roma sono organizzate tre missioni, rispettivamente dai battisti inglesi, dai battisti statunitensi del Sud e da quelli del Nord. Questi ultimi cessano l’attività nel 1882. Nel 1884 i tre rami superstiti del battismo italiano (la Spezia Mission e le missioni inglese e statunitense del Sud a Roma) decidono di federarsi nell’Unione cristiana apostolica battista (UCAB), che può contare su un certo numero di pastori italiani venuti al battismo dal mondo delle Chiese libere e che in pochi decenni costruisce in Italia una rete di comunità, scuole, giornali, associazioni culturali e caritative.
Nel 1922 la missione inglese si accorda con quella americana per ritirarsi dall’Italia: il movimento battista consta così di due sole componenti (la Spezia Mission continua infatti una esistenza autonoma sotto la guida di Harry Herbert Pullen, 1862-1951) e si presenta come più coeso, esprimendo pure figure di spicco in campo culturale tra cui Giuseppe Gangale (1898-1978). Il fascismo, peraltro, non vede di buon occhio le Chiese battiste considerandole “straniere”, e la guerra ne ridimensiona la presenza, che tuttavia continua. Nel 1954 la Spezia Mission si riorganizza come Associazione Missionaria Evangelica Italiana (A.M.E.I.), con crescente autonomia dagli aiuti anglosassoni. Nel 1956 è fondata l’U.C.E.B.I. (Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia), storicamente derivata dalla missione statunitense ma con statuto e responsabilità autonome, in cui nel 1966 confluisce anche l’A.M.E.I. Alcuni gruppi battisti conservatori hanno però mantenuto una posizione indipendente, formando un network critico nei confronti dell’U.C.E.B.I. che si era espresso nell’Assemblea Evangelica Battista Italiana (AEBI). Dal 2006, chiese battiste “particolari” italiane hanno dato vita alle Chiese Evangeliche Battiste Riformate in Italia (C.E.R.B.I.). L'UCEBI, distanziandosi dalle missioni americane hanno assunto un sempre maggiore carattere "liberale" abbracciando il metodo storico-critico di lettura della Bibbia e collaborando con le attuali chiese valdesi e metodiste, hanno assunto posizioni etiche moderniste che le hanno allontanate sempre di più dalle loro radici storiche suscitando molte defezioni in favore del campo conservatore.
Sulle origini le opere classiche sono: Thomas Armitage, A History of the Baptists, Bayan, Taylor & Co., New York 1887; Robert G. Torbet, A History of Baptists, The Judson Press, Chicago 1950. Sulle controversie storiografiche interessante è pure H. Leon McBeth, The Baptist Heritage, Broadman Press, Nashville (Tennessee) 1987. Sulla Spezia Mission e le origini battiste in Italia cfr. Franco Scaramuccia, Un’avventura di fede. L’opera missionaria di Edward Clarke (1820-1912), Claudiana, Torino 1999.
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