Culto cristiano


Il culto cristiano


Rendere culto a Dio è tutto ciò che il credente fa per rendere a Dio l'onore e la gloria che Gli spettano e di cui è sommamente degno ("Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza: perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà furono create ed esistono" Apocalisse 4:11). La chiesa cristiana è per definizione una comunità che rende culto a Dio, chiamata ad essere: "...come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pietro 2:5).
La chiesa cristiana, sin dall'inizio si riuniva regolarmente per il culto comunitario. La forma più basilare di culto nella chiesa primitiva (lettura ed esposizione delle Sacre Scritture, la preghiera, il canto dei Salmi, l'osservanza dei sacramenti) deriva tutta dall'esempio e comando di Gesù stesso. Però, con l'eccezione della celebrazione della Cena del Signore, queste pratiche non originano da Gesù, ma derivano dalla pratica del culto ebraico nella sinagoga.

 

Il culto nella chiesa primitiva


fosse il La prima comunità cristiana a Gerusalemme era essenzialmente ebraica e, come tale, accettava quello che ora conosciamo come Antico Testamento come Parola di Dio. Ciò che distingueva questi primi cristiani dall'ebraismo tradizionale era la ferma loro persuasione che GesùMessia promesso e che la salvezza potesse essere conseguita solo seguendo Lui.
Essi continuavano a rendere culto a Dio alla maniera giudaica, ma aggiungevano la celebrazione eucaristica (Atti 2:42,46) e la preghiera elevata a Dio in nome di Gesù (Atti 4:24-30)
Sebbene i cristiani si radunassero quotidianamente per pregare, per la comunione fraterna, la predicazione e l'insegnamento, (Atti 2:46; 5:42), il giorno principale della settimana per rendere culto a Dio era stato spostato, quasi sin dall'inizio, dal sabato alla domenica, perché era il giorno della risurrezione.
Non è chiaro quale fosse l'ordine del culto stabilito dagli apostoli nella chiesa, ma il servizio era comunque molto semplice. Tutte le evidenze (il Nuovo Testamento e gli scritti non canonici dell'epoca) indicano che, sebbene gli elementi del culto non avessero una sequenza fissa, il punto culminante del culto domenicale era la frazione del pane. Una fonte antica, la Didaché (circa 95-150), ci dà una descrizione dettagliata di come la Cena del Signore fosse celebrata, incluse le preghiere da usarsi, come pure altre indicazioni liturgiche ed usi. Erano incluse formule fisse di preghiera, ma veniva lasciato ampio spazio alla preghiera spontanea. Si richiedeva pure che la confessione di peccato precedesse la celebrazione della Cena del Signore.
Giustino martire nella Apologia prima scritta circa nella seconda metà del secondo secolo, descrive la Cena del Signore come "Eucaristia" (cioè "ringraziamento"), come pure fa la Didaché (14:1). Nel descrivere il servizio di culto, Giustino scrive: "Le memorie degli apostoli (i vangeli) e gli scritti dei profeti, erano letti ad alta voce fintanto che il tempo lo permetteva" (Apologia prima, 67). Senza dubbio gli "Scritti dei profeti" erano i libri dell'Antico Testamento. Dagli scritti di Giustino martire è chiaro che le chiese avevano un ordine del culto definito, stabilito per tradizione, ma il culto era molto semplice.
Nella chiesa primitiva vi erano riunioni in cui i credenti che erano stati battezzati celebravano la Cena del Signore nell'ambito di un vero pasto. Già molto presto, però, questo pasto viene separato dal sacramento propriamente detto (Clemente Alessandrino, Paedagogos 2:1; Stromata 3:2; Tertulliano, Apologia 39) ed era chiamato "agape", cioè "festa d'amore". Con il quarto secolo l'osservanza dell'"agape" si estingue soprattutto a causa dei disordini di condotta che causava (Agostino, Lettera ad Aurelio 22:4).
L'osservanza delle festività annuali da parte del Giudaismo fa sorgere nei cristiani l'idea di "anno ecclesiastico", ora chiamato "anno liturgico", ma questo tentativo di santificare l'intero anno con una successione di festività sacre, si sviluppa lentamente. La chiesa primitiva non aggiunge le feste del Natale e dell'Epifania se non nel quarto secolo e l'anno liturgico com'è ora osservato non è completo se non alla fine del sesto secolo.
L'apostolo Paolo menziona rivelazioni, glossolalia e interpretazione delle lingue come parte della pratica consueta del culto in alcune chiese. L'esercizio di questi carismi o doni spirituali, era regolato in modo stretto affinché il culto si svolgesse in buon ordine ("ogni cosa sia fatta con dignità e con ordine" 1 Corinzi 14:40). Ecco così come la libera espressione dello Spirito andasse, nello stesso culto, accanto alle espressioni liturgiche fisse. Questa libera espressione dello Spirito Santo nella glossolalia e nella profezia sembra essersi estinta molto presto, probabilmente quando si chiude autorevolmente il canone delle Sacre Scritture. Già al tempo di Giustino martire sembra che il profetizzare, la glossolalia e l'interpretazione delle lingue sia scomparsa, se non in gruppi eterodossi. Quel che rimaneva era un culto diviso in due parti, la prima era un'adattamento ed un'espansione del culto ebraico che avveniva nelle sinagoghe fatto di lode, preghiera ed insegnamento, la seconda l'osservanza della Cena del Signore.
Sin dal secondo secolo si rileva un graduale allontanamento dalla fede evangelica e dal culto libero descritto dal Nuovo Testamento, un cambiamento che cambierà il carattere del cristianesimo primitivo. E' chiaro dall'ordinamento del culto proposto da Ippolito, compilato prima del 236 come fosse avvenuto uno sviluppo considerevole nelle forme rispetto all'uso antico, ma il culto allora era comunque semplice e relativamente breve, come pure libere fossero gran parte delle preghiere.

 

Il culto nel Medioevo


Quando l'imperatore Costantino rende il Cristianesimo la religione ufficiale dell'Impero romano nel 313, la nuova immagine pubblica dei cristiani incoraggia la costruzione di splendide chiese e la creazione di servizi religiosi di grande solennità e sfarzo, elaborati e più lunghi. I risultati di tutto questo non sono sempre positivi. Molti pagani abbracciano il Cristianesimo e cominciano ad esercitare su di esso una notevole influenza, specialmente nel sottolineare il "mistero" della Cena del Signore. Piuttosto che perpetuare la semplicità del culto cristiano antico, forme e cerimonie cominciano a diventare la cosa più importante. Si apre così la via per trasformare radicalmente la Cena del Signore nella Messa papale, con tutti gli abusi che da questo si sviluppano nel Cattolicesimo medievale.
Originalmente la Messa era un rito semplice con due suddivisioni di base, la "Liturgia della Parola" e la "Liturgia del Cenacolo". Gradualmente, però, la semplice mensa della Cena è sostituita con un altare posto contro un muro, e il presbitero officiante, ad imitazione delle religioni pagane (giustificate con le pratiche dell'Antico Testamento), diventa il sacerdote che va all'altare per offrire un sacrificio per il popolo che non poteva farlo da sé.
Per la fine del quarto secolo, quando la realtà della presenza di Cristo nella Comunione si trasforma in una concezione estremamente localizzata della Sua presenza nel pane e nel vino, cominciano ad essere elevate barriere fra l'altare e il popolo. La Cena del Signore non è più un gioioso momento conviviale di riconoscenza: diventa il sacrificio del corpo e del sangue di Cristo, qualcosa destinato ad impressionare e ad intimidire.
L'importanza di questo distacco radicale dall'insegnamento e dalla pratica del Nuovo Testamento non si potrà mai abbastanza sopravvalutare. Rappresenta una svolta fondamentale nella storia del culto della Chiesa cristiana, che ha per risultato l'eliminazione di gran parte di ciò che era caratteristico nella pratica apostolica. I fedeli diventano semplici spettatori che osservano l'attività del sacerdote all'altare.
Si sviluppano così dottrine come la transustanziazione, la penitenza e le opere meritorie, che molti riconosceranno a suo tempo come discutibili innovazioni scarsamente compatibili con il messaggio delle Sacre Scritture, espressione di una spiritualità largamente insoddisfacente. Questo sarà uno dei fattori che renderanno necessaria ed inevitabile un'altrettanto radicale riforma.

 

Il culto nelle chiese della Riforma


I riformatori erano molto più interessati alle dottrine che ai materiali del culto e la maggior parte di loro presta solo una limitata attenzione allo sviluppo della liturgia.
Al tempo della Riforma protestante nasce però una grande varietà di servizi di culto. Martin Lutero all'inizio, usa solo una forma abbreviata della Messa romana, più tardi opera su di essa cambiamenti significativi per ricuperare l'idea neotestamentaria di comunione nell'osservanza dell'Eucaristia.
Zwingli mette radicalmente in questione tutta la struttura ed il significato della Messa sradicando da essa tutto ciò che non trova conforme all'insegnamento ed all'esempio del Nuovo Testamento. Egli vi elimina persino il canto comunitario e la musica (particolarmente l'uso dell'organo in chiesa), ritenendo che al centro del culto della chiesa vi debba solo essere la lettura e la spiegazione delle Sacre Scritture dalle quali nulla deve distrarre.
Obiettivo dichiarato di Giovanni Calvino è il ritorno alle pratiche della chiesa primitiva. Sebbene egli elimini tutto ciò che nella Messa indichi che si tratti di un sacrificio, sulla base dell'insegnamento biblico che il sacrificio di Cristo è stato unico ed irripetibile (cfr. Ebrei 7:28), come pure ogni preghiera rivolta ai santi ed alla Vergine Maria, egli ritiene utile ed importante il canto comunitario, particolarmente dei Salmi. Egli pone il sermone al centro della liturgia come sua parte più importante. La sua liturgia diventa la norma del culto nelle chiese che si rifanno anche oggi al Calvinismo, dette chiese riformate o presbiteriane.
Nella Riforma protestante continentale europea, l'allontanamento dalle pratiche del Cattolicesimo è più radicale che in Inghilterra Enrico VIII non abbraccia le dottrine dei Riformatori continentali. Egli desidera semplicemente liberare la chiesa in Inghilterra dalla giurisdizione del Papa di Roma. Per un po' culti in Inghilterra continuano ad essere condotti nel quadro della Messa tradizionale, ma ben presto l'influenza della Riforma continentale prevale. Thomas Cranmer arcivescono di Canterbury trasforma la Messa latina in un servizio liturgico completamente in inglese, revisione questa che viene approvata dal Parlamento. Una seconda revisione dell'opera di Cranmer, conosciuta come il secondo Prayer Book di Edoardo VI, è pubblicata nel 1552. Essa include un certo numero di cambiamenti dovuti a forti pressioni puritane. E' così sufficientemente purgato dalle influenze del Cattolicesimo da essere sostenuto in Scozia dal riformatore John Knox. L'edizione finale del "Book of Common Prayer" è pubblicata nel 1662 ed è rimasto normativo (salvo revisioni susseguenti) fino ad oggi nella Chiesa anglicana, benché il suo carattere fortemente pluralista ammetta forme di culto diverse da quella. Nella Chiesa anglicana, infatti, troviamo comunità dove la domenica si celebra una Messa non molto diversa da quella cattolica-romana, con tanto di paramenti, candele, processioni, formule e preghiere responsoriali ecc. Altre comunità anglicane celebrano il culto in modo simile al culto evangelico riformato altre ancora in maniera simile a quello delle chiese libere evangelicali.
In Inghilterra nel 1643 il Parlamento convoca a Westminster un assemblea di teologi da tutto il Regno unito per produrre non solo una Confessione di fede e due catechismi, ma anche un "Direttorio per il Culto pubblico di Dio". Sebbene accolto dal Parlamento, queste istruzioni, decisamente impostate ai presupposti teologici calvinisti non godranno di ampio seguito, se non soprattutto in Scozia, che diventano normative fino a tutto il diciannovesimo secolo. Esse continuano ad essere accolte in numerose chiese riformate e presbiteriane nel mondo intero.