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Montanismo

Page history last edited by Paolo E. Castellina 4 years, 8 months ago

Montanismo


Il montanismo fu un fenomeno d'effervescenza religiosa di ampia portata che si diffuse, soprattutto in Frigia e Misia, verso la seconda metà del secondo secolo. Esso traduceva una tendenza di tipo fanatica piuttosto che eretica vera e propria. Cercava infatti di combattere il formalismo e l'organizzazione della chiesa e come tale non sembrava opporsi in maniera globale alla chiesa costituita. Secondo il montanismo vi era un'eccessiva dipendenza della chiesa dalle strutture umane e quindi era necessario ritornare ad una maggiore immediatezza col divino.
Come si sa, in questo periodo, il vescovo svolgeva un ruolo preminente e quindi limitava abbastanza fortemente l'azione dello Spirito Santo. Montano cercò allora di combattere tale tendenza. Anche per questo alcuni hanno associato al suo nome il termine di «riformatore» che indicherebbe la sua volontà di rinnovare la chiesa. Il montanismo non era infatti contro la chiesa, ma tendeva piuttosto a vivere nel suo seno come una ecclesiola in ecclesia.
E' possibile fare un collegamento con lo gnosticismo? Gwatkin scrive: «Come lo gnosticismo è un cristianesimo falsato dal sapere e dalla speculazione, così il montanismo è un cristianesimo falsato dal timore del sapere e della speculazione. Mentre l'uno perfeziona il Vangelo trasformandolo in una filosofia, l'altro lo degrada in un revivalismo grossolano»1. Non si trattò dunque di una riforma fallita, ma di un fanatismo smascherato.

Origini e caratteristiche

 

Montano non era molto qualificato per il ruolo che pretendeva sostenere. Egli era infatti un ex-sacerdote evirato che proveniva dalla Frigia e ciò non costituiva certo una buona premessa per le tesi che avrebbe sostenuto. Eusebio informa che un giorno, nella chiesa, Montano prese la parola «in un modo che non è usuale»2. Lo scopo apparente era quello di sollecitare tutti ad una maggiore spiritualità, ma la realtà sarebbe stata assai diversa.
A Montano erano associate due profetesse Priscilla (o Prisca) e Massimilla. Queste avevano abbandonato i loro rispettivi mariti in nome della «vera fede» e contrapponevano il loro cristianesimo «spirituale» a quello «carnale» delle chiese esistenti. Colte da estasi, parlavano in lingue e profetizzavano. Così Massimilla: «In forma di donna, vestita d'un abito splendente, il Cristo venne a me; egli mi inoculò la saggezza e mi rivelò che questo luogo è sacro e che qui discenderà dal cielo Gerusalemme»3.
Gli oracoli rimasti non sono più di una ventina, ma da essi ci si può comunque fare un'idea abbastanza corretta degli aspetti del pensiero montanista.
Una sua prima caratteristica era l'insistenza su di una religiosità caratterizzata da rivelazioni profetiche e da entusiasmo carismatico. L'azione dello Spirito Santo doveva manifestarsi con esperienze spirituali di carattere estatico. L'interesse per il sensazionale prevaleva sul resto della riflessione.
Un'altra caratteristica del montanismo era l'accentuazione della prossima venuta di Cristo. «Dopo di me non vi sarà più profezia, ma solo la fine del mondo» diceva Massimilla. La fine imminente di tutto richiedeva allora pratiche ascetiche molto severe. Per esempio si escludeva che alla morte di uno degli sposi, il sopravvissuto potesse passare a nuove nozze. Dovevano osservarsi poi molti digiuni. Tutto doveva essere marcato da questo interesse per il futuro.
Terza caratteristica di questa tendenza era la convinzione implicita della continuità della rivelazione. Poiché per mezzo dello Spirito sarebbero sempre accessibili all'uomo nuove verità, l'idea stessa d'autorità storica si trovava svalutata e poi dissolta. Senza timore i montanisti pretendevano di conoscere qualcosa di più che la legge, i profeti ed i vangeli. Pertanto Montano, contando sul Paracleto, aveva la pretesa di dire cose più grandi ed importanti di Cristo stesso nel Vangelo.
Accanto a queste tre caratteristiche fondamentali, si possono individuare altri aspetti complementari. La distinzione tra cristiani «spirituali» e «carnali» comportava diversi livelli di religiosità all'interno della comunità. In analogia col mondo naturale, si pensava allo sviluppo della religione attraverso quattro stadi. Il primo era l'idea d'una religione naturale con il pensiero di Dio innato. Il secondo era la rivelazione della religione «legale» dell'Antico Testamento. Il terzo era l'Evangelo di Cristo come parola di grazia. Il quarto, con la Pentecoste, era la rivelazione dello Spirito. Quest'ultimo stadio, coi suoi particolari doni, era la religione «spirituale» per eccellenza. Quella cui si dovrebbe giungere al culmine della spiritualità.
Il montanismo considerò la storia, come più tardi lo avrebbero fatto Gioacchino da Fiore, partendo da una credenza che si sviluppava secondo schemi evolutivi. Un lettore superficiale potrebbe pensare che alla storia si riconoscesse un valore reale, ma in definitiva essa era solo al servizio di un'ideologia che ne faceva uso per i propri fini. Il passato aveva, tutto sommato, un valore relativo. Montano stesso si presentò come l'incarnazione comulativa del Padre, del Figlio e del Paracleto. «Osserva, l'uomo è come una lira e io sono come il plettro che la tocca sfiorandola»4. La Gerusalemme celeste sarebbe scesa di là a poco sulla piana di Pepuza in Frigia.

Osservazioni

 

Il movimento montanista fu condannato dal Concilio di Costantinopoli (381), ma ebbe una certa influenza anche nei secoli successivi in movimenti paraecclesiali5. In qualche modo, l'ansia per un contatto più immediato col divino che lo caratterizzò, sarebbe riemersa in altre occasioni lungo il corso della storia della chiesa.
Ci si può comunque chiedere se ci furono risultati di qualche rilievo dopo questo tentativo di «riforma». Sembra si possa dire che il risultato della protesta montanista fu esattamente contrario a quelle che erano le sue aspettative. Essa favorì una cristalizzazione del carattere istituzionale della chiesa. Con Ireneo prima, e con Cipriano poi, si cercò infatti di collegare in maniera sempre più rigida, lo Spirito alla funzione del vescovo. «Lo Spirito Santo è sottomesso a delle leggi che Dio si è fissato: non è spontaneo; è riversato nella Chiesa secondo un ordine, attraverso la mediazione del clero consacrato di questa Chiesa»6.
Si deve quindi dire che Dio conferirebbe lo Spirito essenzialmente ai capi di questa Chiesa. «La gerarchia della Chiesa è la sola depositaria dello Spirito..., il vescovo è per eccellenza l'organo dello Spirito; là dove vi è il vescovo, vi è anche lo Spirito Santo» (Cipriano).
Accanto a quelli che furono le risultanze della storia emergono altri interrogativi. Per esempio, quello della possibilità di una «riforma» della chiesa che si pone solo in termini parziali. E' giusto pensare alla riforma della chiesa accontentandosi di puntualizzare solo qualche elemento? Non è forse necessario riflettere in modo globale? Come si fa a mostrare una tale indifferenza nei confronti della storia come il montanismo e accontentarsi di migliorare solo qualche aspetto periferico?
Al loro interno i gruppi montanisti diventarono ben presto delle realtà tumultuose in cui ciascuno era libero di dare libero corso alle proprie intuizioni indipendentemente da ogni verifica esterna. L'azione presunta dello Spirito, per la sua immediata capacità di mettere in comunicazione col divino, veniva sottratta a qualunque tipo di controllo. Nel nome dello Spirito imperversava così una trasognante anarchia. Anziché essere caratterizzate dall'umiltà e dalla grazia, le esperienze montaniste finirono per accentuare lo spirito d'orgoglio e di giudizio. E quelle che dovevano essere le manifestazioni spirituali si sottrassero a qualunque criterio di riconoscimento d'autenticità o meno.
Se per la Scrittura ogni servizio deve essere sottoposto ad una verifica esterna ed esige che non vi sia precipitazione (1 Tm 5,22), nel montanismo venivano incoraggiate e riconosciute anche le rivelazioni di coloro che si erano convertiti da poco. L'idea del sacerdozio universale veniva interpretato in maniera estremamente ampia conducendo ad una sorta di livellamento indiscriminato. Esso comportava infatti il superamento d'ogni statuto anche a livello civile ed istituzionale. Ma la Scrittura non elimina il ruolo che ciascuno ha nella famiglia o nella società per il solo fatto che i credenti sono sacerdoti e re dinanzi a Dio.
Mentre i credenti fedeli interpretavano le parole del Signore «Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà in terra come è fatta nel cielo» (Mt 6,10), per predicare l'Evangelo e condurre all'ubbidienza di Cristo gli uomini, i montanisti se ne servivano come d'una semplice preghiera in vista della fine del mondo. Il risultato fu sorprendente. Dopo aver criticato la chiesa per la perdita di zelo, lo zelo veniva ora convogliato in una direzione molto ristretta fatta di estasi e di rapimenti, ma che aveva smarrito ogni speranza nei confronti del mondo circostante.
I montanisti erano in effetti disinteressati a qualunque sforzo volto a cambiare il mondo e si accontentavano dell'adesione delle persone al loro movimento. Ciò era la conseguenza diretta della credenza dell'imminenza della fine propria al movimento. Tertulliano, che come si sa in un certo periodo della sua vita aderì al movimento montanista, era pronto a dimostrare insieme ad altri l'imminenza della fine. Per essi la sovrappopolazione ed il logorio delle risorse naturali implicavano la fine. Così se il montanismo era formalmente opposto allo gnosticismo, come quest'ultimo, finiva per disprezzare il mondo materiale.
Il principio dell'autorità veniva ridotto, o comunque «diffuso» al punto che esso non aveva più alcuna consistenza se non la convinzione del singolo a proposito di se stesso. L'autorità non era pensata come data da Dio, ma come autoproclamazione di chi crede d'averla. Così se Marcione selezionava il canone, Montano lo amplificava. Se Marcione privilegiava gli scritti di Paolo, Montano privilegiava quelli di Giovanni.
Per molti altri versi i montanisti erano ortodossi. La dottrina di Dio e dell'incarnazione, per esempio rispettavano le grandi linee della dottrina ortodossa. Sentivano solo la necessità d'aggiungere qualcosa di più. Qui si collocava la deviazione fondamentale: negavano la storia. Avevano sì una dottrina dello sviluppo storico, ma ciò era di poco valore visto che la storia era considerata come ormai giunta al termine. Non c'era spazio per una definizione di regole. L'accento sulla necessità d'un immediato contatto spirituale con Dio, trascurava il ruolo della storia.

Bibliografia

 

Eusebio, Storia ecclesiastica V; P. de Labriolle, Les Sources de l'Histoire du Montanisme, Fribourg 1913; Id., La crise montaniste, Paris 1913; H. Lollard, Deux hérétiques - Marcion et Montan, Paris 1935; Ronald A. Knox, Illuminati e carismatici. Una storia dell'entusiasmo religioso (orig. 1950), Bologna 1970; F.E. Vokes "The Use of Scripture in the Montanist Controversy" Studia Evangelica V (Texte und Untersuchungen 103), Berlino 1968; H. von Campenhausen, The Formation of the Christian Bible, London 1972; David F. Wright "Why were the Montanists condemned?" Themelios II (1976) pp. 15-22.

Le citazioni sono:

1 H. Gwatkin, Early Church History, Londra 1902, cap. 16;
Storia ecclesiastica, V,16,7;
3 Epifanio, Panarion 49,1;
Ibid., 48,4;
5 H. Lietzemann, Histoire de l'église ancienne, vol 2, Paris 1937, p. 205;
6Ireneo, Adv. Haer. III,24,1.     

 

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