Predestinazione


Predestinazione


La dottrina della '''predestinazione''', com'è stata formulata nella storia della chiesa cristiana da teologi come Agostino di Ippona e Giovanni Calvino, riguardante la soteriologia, è stata causa di costanti discussioni e controversie, in quanto molti cristiani sembrano essere indisponibili ad accettarla in qualunque sua forma. Pelagio nella chiesa antica e John Wesley nel XVIII secolo possono rappresentare due esempi tipici di teologi che non intendevano fare uso di questa categoria. La differenza di persuasioni su questa dottrina è continuata fino al presente.

La dottrina della predestinazione comporta un aspetto più vasto ed uno più ristretto.
*Nel suo aspetto più vasto si riferisce al fatto che il Dio trino abbia preordinato tutto ciò che deve accadere (Efesini 1:11; cfr. Salmo 2). Dall'eternità Dio ha sovranamente determinato tutto ciò che accade nella storia.
*L'aspetto o uso più stretto del termine, è che Dio abbia scelto dall'eternità un numero determinato di persone destinandole ad essere in eterna comunione con Lui, accordando loro la grazia, mentre ha determinato che il resto dell'umanità vada per la sua strada, cioè segua la via del peccato fino alle sue estreme e giuste conseguenze (la punizione eterna).
Queste sono conosciute come le dottrine dell'elezione e della riprovazione. Sebbene alcuni possano accettare l'idea che Dio scelga alcuni destinandoli alla salvezza, essi respingono decisamente l'idea di un decreto di riprovazione (Romani 9:16-19).

Il termine ''predestinazione'' nella Bibbia


Nella Bibbia esistono diversi termini che esprimono ciò che nella nostra lingua chiamiamo ''predestinazione''. Nell'Antico Testamento un certo numero di termini fanno riferimento ai progetti e propositi di Dio:
*עצה, ''ay-tsaw''', consiglio, proposito, come in Geremia 49:20; 50:45, Michea 4:12.
*יעץ, ''yâ‛ats'', deliberazione, risoluzione, proposito, come in: Isaia 14:24;26-27; 19:12; 23:9).
*בּחר, ''bâchar'', scegliere, come in: Numeri 16:5-7; Deuteronomio 4:37; 10:15; Isaia 41:8; Ezechiele 20:5.
Nel Nuovo Testamento i termini col significato di "predestinare" sono ancora di più:
*προορίζω, ''proorizō'', "predestinare", in Romani 8:29,30; Efesini 1:5-11.
*ἐκλεκτός, ''eklektos'', "eletti", in Matteo 24:22ss; Romani 8:33; Colossesi 3:12.
*αἱρέομαι, ''aihreomai'', "scegliere" in 2 Tessalonicesi 2:13.
*ἐκλέγομαι, ''eklegomai'' in 1 Corinzi 1:27ss, Efesini 1:4.
La dottrina non dipende, però, solo dall'uso di alcune parole, perché, quando si studia la Bibbia nel suo complesso, non si può evitare di essere sorpresi e talora imbarazzati nel notare come la dottrina della predestinazione sia di fatto centrale in entrambi i testamenti.

Presupposti

 

Per comprendere la dottrina della predestinazione, è necessario avere ben chiari i presupposti biblici sulla quale si fonda. Pure gli avversari di questa dottrina basano le loro persuasioni su determinati presupposti. La questione, quindi, è come i primi possano conciliarsi con i secondi. È pertanto in questione il valore che diamo alla Bibbia e in che modo la interpretiamo.

La concezione biblica di Dio

 

Presupposto fondamentale della dottrina della predestinazione è '''la concezione biblica di Dio'''. Egli è ''l'eterno'', Colui che si pone al di sopra ed al di là del tempo e dello spazio. Non c'è infatti mai stato un tempo in cui non esistesse. Iddio, così, non è soggetto al mutare del tempo e dello spazio (Malachia 3:6; Romani 1:20,21; Deuteronomio 33:27; Isaia 57:15).
Iddio, inoltre, è sovrano su ogni cosa come il Creatore, Sostenitore e Dominatore dell'universo. ''"Benedissi l'Altissimo, lodai e glorificai colui che vive in eterno: il suo dominio è un dominio eterno e il suo regno dura di generazione in generazione. Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l'esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»"'' (Daniele 4:34,35; cfr. Isaia 45:1ss; Romani 9:17ss; Efesini 1:11).
Iddio, poi, è '''sovranamente giusto''', tanto che tutto ciò che Egli fa è conforme alla perfezione della Sua natura (Geremia 23:6; 33;16; Romani 1:17; 10:3; 2 Pietro 1:1).

Nell'eternità Egli ha sovranamente stabilito i Suoi propositi e progetti, cosa che è ben al di là di quanto noi si possa pensare, concepire o comprendere. La creatura umana, quindi, può conoscere i piani di Dio solo in quanto Egli glielo riveli (Geremia 23:18; Deuteronomio 29:29; Salmo 33:11; Isaia 46:10; 55:7SS; Ebrei 6:17).

Iddio ha rivelato i Suoi progetti e propositi all'umanità nella misura loro necessaria, attraverso i profeti dell'Antico Testamento, attraverso gli scrittori apostolici del Nuovo Testamento, ma soprattutto attraverso Suo Figlio Gesù Cristo, al quale sia profeti che apostoli rendono testimonianza. Era per divina rivelazione che i profeti potevano indicare la venuta del Redentore (Genesi 3:15; Deuteronomio 18:15; Isaia 53; Malachia 4:2; Ebrei 1:1ss), ed erano gli apostoli che potevano rendergli testimonianza e spiegare il significato della Sua vita, morte, risurrezione ed Ascensione (Atti 2:22ss; Giovanni 20:30ss).

Gli esseri umani, quindi, sono limitati nella loro comprensione dei propositi di Dio come sono stati loro rivelati, ed il loro significato ultimo, propositi e piani, devono rimanere un mistero. Inoltre, a causa dell'infinità di Dio, la Sua eternità, essere immutevole e verità, l'essere umano semplicemente non lo può completamente intendere, anche quando egli ne riceve rivelazione piena e completa.

Questo vuol dire che il rapporto di Dio con lo spazio e con il tempo non può essere compreso da esseri spazio-temporali come noi, perché essi nemmeno comprendono il significato di eternità (cfr. Isaia 26:12ss; Daniele 4:24ss; Atti 2:22ss). E' necessario, perciò, quando si studia la dottrina biblica, tenere bene a mente questo mistero ultimo dell'essere di Dio .

Sovranità di Dio e libertà umana

 

A questo punto sorge la questione di come possa conciliarsi l'assoluta sovranità di Dio con la possibilità della libertà e responsabilità individuale dell'essere umano. La Bibbia, però, afferma sia la sovranità di Dio che la libertà umana. Le osservazioni del patriarca Giuseppe ai Suoi fratelli (Genesi 45:4ss) e l'affermazione dell'apostolo Pietro sulla crocifissione di Cristo(Atti 2:23 ''"...quest'uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste")'', mettono in luce proprio questa duplice realtà. La creatura, nell'eseguire i piani di Dio, anche non intenzionalmente, lo fa in modo libero e responsabile.

Coloro che rifiutano d'accettare l'insegnamento biblico sulla predestinazione devono fornirne, se possono, qualche altra spiegazione. Alcuni cristiani tentano di conciliare la sovranità di Dio con l'indipendenza umana, ma hanno difficoltà nello spiegare le affermazioni della Bibbia come pure la loro fede nell'opera salvifica di Dio in Gesù Cristo. I non-cristiani hanno due scelte. Possono affermare l'esistenza ultima del destino, che distrugge ogni possibilità di responsabilità umana (perché non ci sarebbe alcuno verso cui siano responsabili), il pensiero logico e quindi la conoscenza scientifica. L'altra alternativa è quella di un completo determinismo che comporta un risultato simile, perché non si tratterebbe altro che del "caso". Sebbene il punto di vista biblico non possa essere pienamente razionalizzato secondo le nostre leggi spazio-temporali, esso è il solo che renda possibile sia responsabilità che libertà.

Concezione biblica del mondo e della vita

 

Per comprendere l'insegnamento biblico sulla predestinazione, dobbiamo prendere le mosse dal racconto della Caduta, che pure era compresa nel piano eterno di Dio. Al tempo stesso, come Paolo rileva in Romani 1:18ss, il rifiuto umano di riconoscere Dio come sovrano e la sua volontaria cecità di fronte al comando di Dio, attirano su di lui l'ira di Dio e la condanna. Fondamentalmente, quindi, ogni essere umano è condannato perchè rifiuta di riconoscere la signoria di Dio e di essere, esso stesso, solo una creatura. Eppure, nonostante la disubbidienza e la ribellione, Dio non abbandona le creature umane al loro ineluttabile destino. Da una parte Egli pone un limite, per la Sua grazia, alla loro peccaminosità, affinché persino i peccatori di questo mondo realizzino molto che possa considerarsi vero e buono. D'altro canto, proprio quando la creatura umana inizia il suo decadimento, Dio promette un Redentore che avrebbe "schiacciato il capo" al tentatore e ristabilito ogni cosa (Genesi 3:15 ''"Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno"''). E' così che, sin dall'inizio, il proposito della redenzione viene intessuto inestricabilmente nella storia umana.

A causa della peccaminosità della creatura umana, però, essa non avrebbe liberamente perseguito la riconciliazione e la pace con il Creatore. Lo si vede nella storia di Caino, nel canto di Lamech e nella peccaminosità dell'umanità antidiluviana (Genesi 2-5). Al tempo stesso vi è una minoranza fedele che discende da Seth fino a Noè, chiamata a sopravvivere al diluvio e portare avanti la linea di coloro che sarebbero stati ubbidienti a Dio ed avrebbero confidato della divina promessa di redenzione. Abramo appartiene a questa linea. Dio lo chiama ad uscirsene fuori da Ur dei Caldei. Attraverso la discendenza del nipote Giacobbe (Genesi 12), Dio stabilisce (sceglie) Israele come Suo popolo nel mondo pre-cristiano. Tutto questo è risultato della grazia divina, riassunta nell'Alleanza che Dio stabilisce con Abramo, Isacco e Giacobbe. Sebbene in questa fase si dica poco nella Genesi sulla divina elezione e riprovazione, quando si giunge alla differenziazione fra Giacobbe ed Esaù, diventa evidente come già prima che nascessero ed avessero fatto alcunché di bene o di male, Giacobbe è scelto ed Esaù respinto, benchè fossero gemelli (Genesi 25:19ss; Malachia 1:3; Romani 9:10-13 ''"poiché, prima che i gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male (affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio, secondo elezione, che dipende non da opere, ma da colui che chiama) le fu detto: «Il maggiore servirà il minore»; com'è scritto: «Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù»"''). Qui abbiamo la prima chiara affermazione della dottrina della doppia predestinazione.

Ulteriori riferimenti nell'Antico Testamento

 

Oltre a quanto già citato nel paragrafo precedente, vi sono, nell'Antico Testamento incontrovertibili evidenze della dottrina dell'elezione. Da una parte è affermato che Israele è il popolo che Dio ha eletto come proprio, non per ciò che avrebbe potuto offrirgli, ma solo sulla base della grazia di Dio e della Sua scelta sovrana (Deuteronomio 7:7ss; Isaia 41:8,9; Ezechiele 20:5). Inoltre, sia da Israele che da altre nazioni, Iddio elegge liberamente individui che portino avanti la Sua volontà nella storia per la benedizione di Israele (1 Samuele 16:1ss; Isaia 45:1ss; 1 Cronache 28:1). D'altro canto, non tutto Israele è da considerarsi eletto, ma solo un residuo fedele scelto da Dio (Isaia 1:9; 10:21ss; 11:11ss; Geremia 23:3; 31:7). L'apostolo Paolo chiama questi: ''"un residuo eletto per grazia"'' (Romani 11:5). Coloro che non fanno parte del residuo eletto vengono respinti a causa del loro peccato e ne soffrono le conseguenze penali prescritte.

Per tutto l'Antico Testamento vi è un riferimento costante a Colui che sarebbe venuto per [redenzione|redimere]] il popolo di Dio, non solo Israele propriamente detto, ma anche i Suoi eletti da ogni razza e nazione. Sebbene sia adombrata questa vasta elezione e redenzione nella storia di individui come Ruth e Naaman, sono i profeti a presentare molto chiaramente la vastità della grazia di Dio che elegge (Isaia 11:10;56; Michea 5:8; cfr. Romani 9:24,30; 11:12,13; Atti 15). Tutti coloro che sono eletti e predestinati a diventare il popolo di Dio, non solo fra gli Ebrei, ma anche fra ogni nazione, sarebbero entrati a far parte dell'Alleanza. Lo avrebbero fatto, però, solo attraverso Colui che sarebbe stato il Mediatore eletto (Isaia 42:1ss; 53:1; cfr. Matteo 12:8).

La predestinazione nel Nuovo Testamento

 

Il Nuovo Testamento conferma, espande e chiarisce la predestinazione com'è presentata nell'Antico. Non c'è alcun tentativo di respingerla o di alterarla, ma la sua prospettiva universale viene presentata con maggiore chiarezza. Cristo afferma di essere il Mediatore di cui si parlava nell'Antico Testamento, e che Dio Padre gli ha affidato la gente che Egli ha eletto (Marco 1:15; Luca 4:21; Giovanni 5:39; 10:14ss).

Gesù, inoltre, afferma chiaramente di essere venuto per deporre la Sua vita per la Redenzione del Suo popolo. Questo è il tema del Suo sermone in Giovanni 10 e la preghiera che rivolge a Dio Padre in favore dei Suoi: ''"Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi"'' (Giovanni 17:9). Egli promette che il Suo popolo verrà irresistibilmente a Lui e che Egli avrebbe preservato la loro fede fino alla fine, la vita eterna (Giovanni 6:39,65; 10:28ss). Certo, come Figlio di Dio fattosi uomo, la Sua giustizia era tale che la Sua vita, morte e risurrezione sarebbe stata sufficiente a meritare la salvezza si ogni singolo essere umano, ma come rileva Lui stesso, la Sua opera mediatrice era diretta alla salvezza solo del Suo popolo (Giovanni 17). In questo Egli adempiva l'insegnamento dell'Antico Testamento.

Questa ê pure la posizione degli apostoli. Il libro degli Atti fornisce numerosi esempi dell'insegnamento apostolic su questa questione. Nel suo sermone a Pentecoste Pietro dà chiare indicazioni sulla sovranità di Dio e sulla responsabilità umana (Atti 2:14ss). Il discorso di Stefano nel capitolo 7, quel che dice Pietro a Cornelio (Atti 10:24ss), e vari altri brani, presentano le stesse dottrine. Nelle lettere di Pietro e Giovanni, come pure nell'Apocalisse i temi della Sovranità di Dio, della responsabilità umana, dell'elezione di Dio e della predestinazione di uomini e donne, riappaiono costantemente.

Lo scrittore apostolico che dà la più chiara esposizione di queste dottrine, però è l'apostolo Paolo. Sebbene egli si riferisce alla dottrina della predestinazione in diversi contesti, egli la espone in dettaglio in Romani 8:29-11:36 e la chiarisce ulteriormente in Efesini 1. In questi brani egli mette in evidenza la condizione disperata dell'essere umano nella sua condizione di peccatore ed il fatto che, a causa della disubbidienza e della ribellione umana, Dio non solo gli volta le spalle, ma anche lo indurisce nella sua peccaminosità (Romani 9:14ss). Al tempo stesso, però, Egli si protende ed attira a Sé coloro che ha eletto sin dall'eternità, redimendoli e giustificandoli in Gesù Cristo (Romani 10:11ss; Efesini 1:4ss). In tutto questo si rivela il mistero della Sovranità di Dio e della responsabilità umana (Romani 9:19; 11:3) ed in ogni cosa si rende manifesta la gloria della giustizia di Dio (Romani 9:16ss).

Una dottrina permanentemente contestata

 

Queste dottrine hanno continuato a suscitare opposizione sin dal tempo degli apostoli e non sorprende affatto che esse siano "indigeste" per molti oggi. La cosa non sorprende perché, secondo la Bibbia, l'essere umano è sempre uguale a sé stesso, cioè inguaribilmente egocentrico ed arrogante. Non c'è nulla che pare lo offenda maggiormente che vedersi negata la propria autonomia e "libertà" ed affermata la sovranità di Dio. Cercherà quindi sempre un qualche modo se non per distanziarsi dalla Bibbia, almeno di adattarla e (s)piegarla. Nonostante l'incontrovertibile base biblica di queste dottrine sia cristiani che non-cristiani le hanno respinte su diverse basi.

Alcuni dicono, per esempio, se tutti gli esseri umani sono peccatori e Dio è sovrano, allora dev'essere Egli stesso l'autore del peccato, e quindi è ingiusto quando condanna qualcuno. Inoltre, su che base Dio fa le Sue scelte? Non è forse arbitrario, e se non è arbitrario, non privilegia forse ingiustamente alcuni a scapito di altri? Se queste dottrine sono vere, non distruggono forse un qualsiasi desiderio, e persino la necessità, per un essere umano di vivere una vita morale e virtuosa, di fare quel ch'è giusto, amare la misericordia e camminare umilmente con Dio? Queste ed altre questioni sono proposte sempre di nuovo e molti di coloro che lo fanno pensano di aver trovato la risposta e di aver condannato definitivamente queste dottrine. Dimenticano, però, che già queste questioni erano sollevate al tempo di Cristo e degli Apostoli (Giovanni 10:19ss; Romani 9:19ss).

Che queste dottrine siano presentate in entrambi i Testamenti pare chiaro, insieme alla grande evidenza data alla sovranità, giustizia e santità di Dio. La questione, come detto all'inizio, è quali sono i presupposti sui quali basiamo le nostre contestazioni, se essi siano coerenti con i presupposti della Bibbia e quanto valore diamo alla stessa Bibbia. E' essa autorevole regola ultima della nostra fede e della nostra condotta, oppure la nostra autorità nel campo è altrove?
La Riforma protestante classica, che queste dottrine ha sistematizzato e formulato con precisione, ha riconfermato la fede biblica. E' la Bibbia stessa che risponde a chi la vorrebbe contestare in brani come Giobbe 41:1-6, oppure quel che Paolo dice chiudendo l'esposizione di queste dottrine in Romani 11:33-36. L'apostolo Giuda scrive: ''"Carissimi, avendo un gran desiderio di scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre"'' (3).

La dottrina della predestinazione nella storia

 

La dottrina della predestinazione è associata prevalentemente alla fede cristiana, ma è dibattuta anche altrove, ad esempio nell'Islam dove, nel suo periodo scolastico, la posizione ortodossa era fortemente predestinazionalista, ma alcuni teologi, i Mutazaliti, mettevano in rilievo il libero arbitrio.

Nel primo secolo della chiesa cristiana, la predestinazione non era dibattuta in quanto prevalevano questioni in merito alla Trinità ed alla natura di Cristo. NelleChiese ortodosse questo è rimasto il caso (con eccezioni minori, in particolare Cyril Lucar nel XVI secolo.

Nella chiesa dell'Occidente la questione è sollevata da Pelagio, che insegnava che l'essere umano hala libertà di accettare o di respingere Dio. Questa posizione è contestata dal teologo Agostino di Ippona che sosteneva che la volontà umana è asservita al peccato, che la grazia è necessaria per poter scegliere Dio, e che questa grazia è concessa solo a coloro che ad essa sono predestinati. La posizionedi Agostino è sostenuta dal Sinodo di Orange (529), ma a causa delle invasioni barbariche, gli incontri e le discussioni teologiche fra i cristiani sono rese molto difficili. Una scia delle discussioni sul pelagianesimo avviene al tempo di Carlo Magno. Il monaco Gottschalk apparentemente sosteneva che Dio attivamente vuole che il non-eletto sia dannato, posizione respinta dal Sinodo di Quiercy nell'849.

La rinascita medioevale dell'erudizione, intorno al 1050 produce scuole ed università in abbondanza. La teologia è considerata "la regina delle scienze", chiave per la comprensione della realtà. Compito dello scolasticismo è quello di riconciliare la fede cristiana con il retaggio riscoperto della filosofia classica, in pratica armonizzare fede e ragione. Nel tardo 1200, dopo Pietro Lombardo, Bonaventura, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino e molti altri studiosi, il compito sembrava completato con diversi sistemi scolastici disponibili. La predestinazione era generalmente trattata nel contesto di Dio come Supremo Intelletto, che predestina sulla base del fatto che Egli prevede le scelte che avrebbe compiuto l'individuo (perché per Dio tutte le scelte temporali sono "presenti"; Egli si pone fuori dal tempo).

Questa "soluzione", però, viene presto attaccata. Con Duns Scoto e specialmente con Guglielmo di Occam ed i suoi segaci nel Trecento, Dio è visto come Volontà sovrana, ed il problema della predestinazione si sposta su quel piano. Come possono essere libere le scelte umane, se sono previste? Come può Dio essere chiamato pienamente sovrano, se la Sua volontà è legata in anticipo alle scelte umane? Le intricate controversie che seguono sembrano sollevare problemi insolubili. Ci sono, così, delle reazioni: Thomas Bradwardine fa tornare in auge una stretta concezione agostiniana, sottolineando la divina predestinazione come base di un universo ordinato. Da un punto di vista diverso, John Wycliffe e Jan Hus sottolineano l'elezione come concetto teologico chiave e considerano la chiesa come comunione degli eletti, coloro che già sono salvati, piuttosto che la fonte di aiuti, disperatamente necessari, ai fini della salvezza.

I riformatori protestanti seguono questa linea. Martin Lutero, Ulrico Zwingli, Giovanni Calvino sostengono tutti la predestinazione: la vera chiesa è formata dagli eletti, la servitù della volontà (Lutero in questo si oppone a Erasmo da Rotterdam, la necessità della grazia incondizionata per poter essere in grado di scegliere per Dio. Questo approccio fortemente agostiniano, però, non è esente da critiche. Nella stessa chiesa luterana la forte controversia "sinergista" del tardo Cinquecento è suscitata dal tentativo di Filippo Melantone di garantire un qualche ruolo alla volontà umana. Simili dibattiti sorgono pure all'interno del Calvinismo sull'insegnamento di Arminio, condannato al Sinodo di Dordrecht nel 1618-1619. Lo scolasticismo protestante raffina i termini della questione e comporta dispute fra coloro che appoggiano il sopralapsarianismo e l'infralapsarianismo, le controversie nelle chiese ugonotte sull'insegnamento di Moïse Amyraut e simili. Dopo il declino dello scolasticismo protestante ed il sorgere del pietismo, "religione del cuore", la questione risorge con il metodismo che favorisce l'arminianesimo, e George Whitefield un "metodismo calvinista".

Nel cattolicesimo post medioevale, la questione viene sollevata diverse volte. Il Concilio di Treno sebbene evitasse di prendere posizione al riguardo, si allinea ad una posizione semi-pelagiana. Gli insegnamenti di Luis de Molina (m. 1600) suscitano molte controversie, con i Gesuiti che tendono ad appoggiarlo e i Domenicani ad opporlo in un complesso tentativo di accordare un ruolo alla volontà umana nel processo della salvezza. Circa negli stessi anni, Michael Baius a Lovanio, seguito da Cornelius Jansen ritornano ad un rigido agostinismo. Il giansenismo produce una notevole controversia (Blaise Pascal difende il giansenismo) che alla fine produce un mini-scisma (la Chiesa vecchio-cattolica di Utrecht, dal 1713).

Un interesse nella tradizionale argomentazione teologica si oscura nell'Ottocento, ma il problema riappare in altre aree. Se l'universo è determinato da leggi scientifiche, come può l'uomo avere libero arbitrio? Se le azioni umane sono in un certo senso determinate da quelle leggi, com'è possibile una qualsiasi scienza economica, scienza politica o scienza della storia? Se l'ereditarietà e l'ambiente determinano le azioni, come possono i tribunali punire i criminali (se essi fanno solo quel che sono stati determinati a fare)?

Nel ventesimo secolo la versione dell'ortodossia protestante di Karl Barth ha fatto tornare a discutere sulla predestinazione. Barth cerca di "risolvere" le controversie precedenti dicendo che Dio elegge ogni essere umano in Cristo (il che implica una sorta di universalismo).

Per riassumere, la predestinazione ed i dibattiti che essa suscita trattano di un problema ricorrente, sia in teologia che in altri campi: il rapporto fra la libertà umana ed un universo che sembra in qualche modo predeterminato.