Salmi


Il libro dei Salmi



Introduzione


La collezione che va sotto il nome di “Libro dei Salmi”, certamente già completa nel 150 a. C. (il periodo dei Maccabei) è uno dei più notevoli libri che siano sopravvissuti dall’antichità e che rimanga il più amato libro di preghiere e di canti sia dell’ebraismo che del cristianesimo.

Il Libro dei Salmi è un meraviglioso tesoro che riflette le molteplici esperienze di ogni essere umano di ogni tempo e paese e deve essere valorizzato per la sua funzione unica, come evidentemente ogni parte della Parola che Dio ha ispirato per essere regola unica della nostra fede e della nostra condotta.

La forma in cui si presenta il Salterio[1][1] è tanto varia come il suo contenuto, ma ciò che ha reso preziosi i Salmi in ogni generazione, ed evocato maggiore meraviglia, è il loro immenso respiro d’esperienze religiose, di sentimenti, di aspirazioni, di lamenti, lotta, protesta, e di cordoglio, sentimenti con i quali veramente tutti si possono identificare. I Salmi rispecchiano l’anima umana in tutte le sue vicissitudini di fede e di incredulità, di gioia e di perplessità, di ribellione e di sottomissione. Ed essi fanno questo con la massima onestà, libertà, ed ardore, mentre individui o comunità confessano i loro peccati, si lamentano di come l’uomo venga maltrattato o di come Dio se ne stia in silenzio, invochino il giudizio di Dio sui loro nemici, bramino una vita più lunga, salute, liberazione o conforto. I Salmi contengono sentimenti di amaro risentimento alle ingiustizie della vita, di protesta verso il misterioso comportamento di Dio, il suo ritardo nell’aiutare, la Sua ira o la Sua inattività. Tutto questo è controbilanciato da esplosioni di lode, gioia, riconoscenza, e testimonianza della fedeltà di Dio. Neanche l’umorismo o l’amore sessuale è assente dai Salmi.

Per poter apprezzare l’esperienza dei salmisti, dobbiamo saper condividere il loro totale realismo, il sentimento che nulla ci possa più ormai sorprendere. Bisogna evitare la tentazione di ammorbidire le frequenti dure espressioni in banali generalizzazioni che spesso nascondono profondo ed autentico dolore, come pure disperati desideri. Essi esprimono chiaramente l’impazienza: “Fino a quando, Signore?”, si domanda il salmista, con una fede duramente provata: “Ho tanto aspettato il Signore… Perché… perché, Signore?”. Bisogna essere pronti con i Salmi a discutere arditamente con Dio, persino a esprimere rabbia verso di Lui. Una giusta indignazione viene talvolta confusa con un oltraggioso patriottismo, il sentimento della propria giustizia, o desiderio di personale vendetta. Talvolta i nemici personali del salmista vengono considerati i nemici stessi di Dio. La richiesta che il malvagio cada nella sua stessa trappola e soffra egli stesso il dolore che infligge agli altri, talvolta cela il sincero desiderio di vedere trionfare la giustizia. Tutti i salmisti sono sicuri che Dio vendicherà la giustizia e libererà i Suoi.

Spesso il “povero disperato” e il “bisognoso” vengono considerati come coloro che veramente sono giusti, mentre il prospero ed il potente si presume che siano privi di fede e malvagi. Questo atteggiamento trova la sua giustificazione nelle condizioni post-esiliche, dove collaborazionisti privi di scrupoli prosperano nella società e chi è onesto e giudizioso, che resiste all’oppressore, soffre di povertà e di crudeli persecuzioni.

Per apprezzare l’esperienza del Salmista dobbiamo lasciare che ogni Salmo parli da sé stesso, nei suoi termini, e non nei nostri. Ogni tanto dobbiamo essere pronti a forme di culto che non ci sono familiari. Dobbiamo abituarci ad una fede che si appoggia ad esperienze (l’esodo, la bellezza della natura), e su idee fondamentali (creazione, elezione, gloria nazionale), molto diversa da quella dell’incarnazione, del Calvario, della risurrezione, della Pentecoste, e della redenzione eterna.

Ogni tanto si fa pure riferimento alla vittoria primigenia di Dio sulle forze del caos, talvolta con un linguaggio che ricorda i miti babilonesi sulla creazione. Noi pure incontriamo l’influente scuola sapienziali del Giudaismo, per la quale il timore del Signore sta alla base di ogni pietà più autentica, e dove la sola condotta intelligente per esseri razionali è essere consapevoli della propria creaturalità, come pure rammentarsi sempre e con rispetto del proprio Creatore.

Secondo la tradizione attribuita in parte a Davide ed in parte ad Ezechia[2][2], il sistema di culto, iniziato durante la monarchia e sviluppato durante il periodo del secondo Tempio (dopo l’esilio), era elaborato e altamente professionale. I Leviti suonavano strumenti musicali, incluse trombe, arpe, lire, e cembali di bronzo, assistiti da “fratelli del secondo ordine”. Il culto veniva accompagnato fin da 288 musicisti a turno.

Nei Salmi leggiamo di canti responsoriali di sacerdoti, popolo, e cori, ciascuno con un proprio stile e metodo. Veniamo a contatto con feste tradizionali, occasioni nazionali di penitenza e rendimento di grazie, la consacrazione del tempio, la promulgazione della legge, il culto con sacrifici, il ministero continuo di sacerdoti e profeti. Tutto questo viene riflesso con dettagli considerevoli, nel Salterio.
Eppure, persino considerato strettamente alla propria luce e nel proprio contesto storico, i Salmi della Bibbia trattano di verità senza tempo ed immutabili, che il trascorrere dei secoli non può oscurare né superare. Una fede meravigliosamente coraggiosa e tenace respira attraverso lamentazioni, protesta, e cordoglio. Soltanto un’anima assolutamente sicura di Dio può osare discutere con Lui come fanno i salmisti. Dio è buono. Dio regna; Dio farà giustizia, libererà e perdonerà.

Il Salmista intende verità ultime e finali: il cuore della sua fede è eternamente valido. Il suo Dio è certamente pure il nostro, ora più chiaramente conosciuto in Gesù Cristo, nostro Signore, ma non essenzialmente differente. Abbiamo visto il pastore del salmista che dà la sua vita per le pecore e risorge dai morti. Il Dio a cui il salmista rende culto con tale fervore e gioia, farà conoscere pure a noi il sentiero della vita. Egli pure ci riempirà con la gioia della Sua presenza, e ci rivelerà gli eterni piaceri che si trovano alla Sua destra.


Autore


Molti dei Salmi iniziano con un titolo che li collega ad un particolare individuo o gruppo usando una preposizione ebraica che forse indica una dedica (“a Davide”), un argomento (“su Davide”), o l’autore (“di Davide”). Però, uno dei pochi titoli di Salmi con un contesto espanso[3][3], non lascia dubbio che il titolo identifica il compositore del salmo (Sl. 18). Davide è di gran lunga il nome di autore più frequentemente citato. La maggior parte dei suoi Salmi compare nei primi due libri (vedi Struttura), sebbene vi sia una piccola collezione di Salmi da lui composti alla fine (Sl. 138-145). La tradizione che associa Davide al canto e alla composizione di Salmi è così forte che vi è poco dubbio che sia stato Davide a scrivere i Salmi che portano il suo nome[4][4].

Pure altri autori compaiono nel titolo dei Salmi: Mosè (Sl. 90), Salomone (Sl. 72, 127), i figli di Kore (Sl. 42-49; 84; 85; 87; 88), i figli di Asaf (Sl. 50; 73-83)m e Ethon lo Ezrahita (Sl. 89). Un certo numero di Salmi sono pure privi della citazione dell’autore (es. Sl. 1; 10).


Data ed occasione


Il titoli dei Salmi mostrano come essi fossero stato composti da individui come risposta ad un’esperienza personale o collettiva. La data e l’occasione dei Salmi varia dal tempo di Mosè (Sl.90), alle esperienze di Davide (Sl. 51), fino al tempo dopo l’esilio degli Israeliti in Babilonia (Sl. 126). I Salmi destinati al culto pubblico, però, non furono mai così specifici da non poter essere usati in situazioni nuove.
La formazione di questa collezione richiese molti secoli, arrivando alla forma attuale poco tempo dopo l’esilio in Babilonia. Il nome “salmo” significa “canzoni”, e come tale deriva dalla traduzione dei LXX, la prima traduzione greca dell’Antico Testamento. Questo nome viene pure usato nel Nuovo Testamento[5][5].


Caratteristiche e temi


Titoli. Al titolo dei Salmi individuali di solito non si assegna nelle traduzioni il numero di versetto. Questo dà l’impressione che esso sia separato dagli altri versetti. Nella Bibbia ebraica, però, i titoli vengono considerati come il primo versetto. I titoli possono essere o componente originale dei Salmi, oppure almeno di tradizione molto antica.
I titoli possono essere divisi in cinque tipi di base: autore, musica, genere (tipo letterario), e istruzioni per l’uso nel culto.

1. Titoli di autore. Si veda la discussione sull’autore più sopra.
2. Titoli storici. I titoli storici sono di meno rispetto a quelli che indicano l’autore[6][6]. L’autenticità di questi titoli è stata messa in questione, sebbene non vi siano prove testuali che essi siano stati aggiunti più tardi. Alcuni però credono che l’apparente disarmonia fra salmo e titolo (come nel Sl. 30), o fra titolo ed altri libri (Sl. 56 confrontato con 1 Sa. 21:10-15) indichi che questi titoli siano tardivi e artificiali. Altri sostengono che se i titoli storici sono stati aggiunti solo dopo, chiunque li avesse aggiunti si sarebbe accertato che essi coincidessero con il contenuto del Salmo[7][7]. I titoli storici possono darci un’indicazione dell’origine dei Salmi, ma servono poco per la loro interpretazione. Cioè, sebbene i Salmi possono essere stati scritti in reazione ad un avvenimento storico particolare, i compositori hanno fatto attenzione a non essere troppo specifici nel corpo del Salmo. I Salmi furono intesi esprimere ciò che altri potevano condividere nel culto pubblico e formale, e non erano poesie private. L’interprete, però, non è tenuto a ricostruire l’entroterra storico di tutti i Salmi (pratica comune di molti commentatori antichi dei Salmi).
3. Titoli che indicano il genere. Vi è un certo numero di termini nei titoli che classificano i Salmi per generi, o tipi letterari. Alcuni spesso portano il titolo di mizmor (un “canto”, es. Sl. 139), e shir (“canzone”), altri raramente. Nella discussione contemporanea i tipi letterari vengono determinati dal contenuto, e non dai titoli.
4. Notazioni musicali. Alcuni dei termini indicanti il genere, come indicato prima, sono notazioni musicali, soprattutto mizmor (da una radice verbale che significa “cantare”), e shir (canzone). Altre sono di significato incerto. Alcune fanno riferimento a melodie o motivi allora conosciuti, come ad es. il Sl. 60 “Il giglio della testimonianza”. Selah è una parola che ricorre frequentemente nel corpo dei Salmi. Il suo significato è sconosciuto, sebbene possa essere un termine musicale come “pausa” oppure “interludio”.
5. Istruzioni per l’uso nel culto. Occasionalmente i titoli indicano come i Salmi dovessero essere usati nel culto formale. Di questi, i meglio conosciuti cono “i canti dei pellegrinaggi” (Sl. 120-134).


Struttura


I Salmi sono disposti in cinque “libri”. Ciascuno di questi libri si chiude con una dossologia ed una benedizione (Sl. 1-41; 42-72; 73-89; 90-106; 107-150). La tradizione israelita dice che il numero 5 sia stato scelto per combaciare con i primi cinque libri di Mosè.
Il Salmo 1 e 2 sono i portoni d’accesso nel santuario dei Salmi, e i Salmi 146-150 concludono il libro con una lunga dossologia. Il salmo 1 trasforma le preghiere e le lodi offerte originalmente nel tempio, in un libro per meditazioni negli incontri pubblici e nelle case.
Il Libro I e il Libro II celebrano l’età aurea di Israele durante il tempo della monarchia unita. Il Salmo 2 e 72 sono preghiere a che il re estenda il regno di Dio fino ai confini della terra. Tutti i Salmi del libro 1 sono attribuiti a Davide, eccetto i Salmi 1, 2 e 33. Le lamentazioni nei primi due libri si concludono sempre con la lode.
In contrasto a ciò, il Libro III (Salmi 73-89) è oscuro. Il primo Salmo della sezione lamenta che il Patto davidico sembra aver fallito, con la corona regale che rotola nella polvere. Il Salmo 88 è l’unico salmo privo di lodi.
Il Libro IV (Salmi 90-106) si volge a Dio stesso, il quale è stato l’aiuto di Israele nel passato. In questo libro si menziona sette volte il nome di Mosè. Prima era stato menzionato solo una volta (Sl. 77). I Salmi 93-99 chiamati “I Salmi di insediamento sul trono” guardano al regno di Dio sulla terra. Lo scrittore di Ebrei riferisce la lode di Dio celebrata nei Salmi 102:25-27 a Gesù Cristo (Eb. 1:10-12).
Il Libro V inizia ringraziando Iddio per aver riportato Israele a casa dopo l’esilio. Il libro include Salmi che guardano a Davide come modello di pietà religiosa (138-145) e Salmi che predicono il regno di Cristo (110).


Generi


Caratteristiche loro proprie permettono di dividere i Salmi in gruppi letterari ai fini dello studio. I seguenti sono i tipi letterari più frequentemente usati.
1. Inni di lode. Si riconoscono facilmente gli inni dalla loro lode esuberante verso il Signore. Dio è lodato per ciò che Egli è e per la Sua potenza e misericordia (vedi Sl. 8; 24; 29; 33; 47; 48).
2. Lamentazioni. Le lamentazioni esprimono un’emozione opposta a quella della lode. Nella lamentazione il salmista apre il suo cuore onestamente verso Dio, un cuore spesso pieno di tristezza, paura, e persino rabbia. Con poche eccezioni, le lamentazioni, alla fine, si volgono a Dio con fiducia. Per es. Sl. 18; 66; 107; 118; 138.
3. Canti di ringraziamento. Un salmo di ringraziamento è appropriato quando il Signore risponde ad una preghiera di lamentazione. I primi tre tipi di Salmi formano una sorta di triade. Il canta a Dio quando è a posto con Lui, si lamenta quando non è in armonia con Lui, e rende grazie quando il rapporto è ristabilito. Per es. Sl. 18; 66; 107; 118; 138.
4. Canti di fiducia. Alcuni Salmi presentano come tema dominante quello della fiducia. Spesso sono brevi e contengono una metafora memorabile che suscita l’atteggiamento di fiducia del salmista. Per es. Sl. 23; 121; 131.
5. I Salmi regali. Dato che Dio, Re dell’universo, è il soggetto dei Salmi e dato che Davide, il re umano, è sia il cantore che il soggetto di molti Salmi, la regalità è un concetto importante del Salterio. Però, alcuni Salmi si concentrano intensamente o sulla regalità di Dio (Sl. 24; 93), o sul re umano (Sl. 20; 21; 45).
6. I Salmi sapienziali. Per trovare la sapienza biblica, di solito ci volgiamo a libri come Proverbi, Giobbe, Cantico dei Cantici o Ecclesiaste. In questi libri troviamo istruzioni pratiche su come Dio vuole che noi viviamo la nostra vita. I “Salmi sapienziali” fanno uso di temi dei libri sapienziali. Per esempio, il forte contrasto fra il giusto e l’empio, tema tipico del libro dei Proverbi, si trova nel Salmo 1. Per altri esempi, si veda il Sl. 37 e 49.


Stile poetico


Non è necessaria alcuna particolare conoscenza per riconoscere lo stile poetico del Salterio. Invece di frasi che formano dei paragrafi, i Salmi sono composti di brevi frasi poetiche di quasi uguale lunghezza. Questa caratteristica la si può riconoscere facilmente sulla pagina stampata.
La poesia è uno stile mirato che presta particolare attenzione alla sua forma. Il linguaggio poetico si rivolge non solo alla mente, ma anche all’immaginazione ed alle emozioni. Dire: “L’Eterno è il mio pastore” (Sl. 23:1) significa più che informare. La metafora di un pastore evoca un’immagine e tocca le emozioni in un modo che un’affermazione didattica non potrebbe fare.

Tipica della struttura poetica ebraica è il parallelismo. Il Salmo 6:1 è un buon esempio:
“O Eterno non correggermi nella tua ira
e non castigarmi nell'ardore del tuo sdegno”.

Per poter interpretare linee parallele, è importante rammentarsi che la seconda linea continua e porta avanti il pensiero della prima. In questo versetto, la prima linea chiede al Signore di non castigare con la riprensione verbale, mentre la seconda parte Gli chiede di non farlo con misure correttive.

Esempi possono essere trovati in linee che sono persino più simili (Sl. 2:1)[8][8] ed altre la cui connessione è difficilmente percepibile (Sl. 2:6)[9][9]. Il principio generale di interpretazione è che la seconda metà di un verso poetico porta avanti il pensiero della prima metà.


Teologia dei Salmi


Proprio come il Salterio si formò durante l’intero periodo dell’Antico Testamento, la teologia dei Salmi è tipicamente vetero-testamentaria. Martin Lutero chiamò i Salmi: “una piccola Bibbia, e un sommario dell’Antico Testamento”.
I lettori cristiani dei Salmi apprezzano il rapporto che questi antichi canti hanno con Gesù Cristo. Gesù disse dopo la Sua risurrezione che: «Queste sono le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: che si dovevano adempiere tutte le cose scritte a mio riguardo nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi». Inoltre Gesù viene rivelato come oggetto del culto con i Salmi.
Dato che Gesù Cristo è la seconda persona della Trinità, gli inni e le lamentazioni dei Salmi sono rivolte tanto a Lui quanto al Padre ed allo Spirito Santo. Gesù è sia il cantore dei Salmi (Eb. 2:12)[10][10] ed punto focale del loro interesse. Noi possiamo cantare a Lui le nostre lodi, esprimergli i nostri lamenti e richieste, come pure ringraziarlo per la Sua bontà. Noi Lo esaltiamo come Re, poniamo la nostra fiducia in Lui, e guardiamo a Lui come l’incarnazione della sapienza divina.

Insieme al resto dell’Antico Testamento, i Salmi influirono profondamente sul pensiero cristiano. E’ possibile trovare, già nel Nuovo Testamento, 200 chiari echi del Salterio, e più di 200 allusioni al suo linguaggio. Il linguaggio dei Salmi 2; 8; 16; 22; 40; 45; e 110, fra gli altri, era immediatamente disponibile per esprimere il pensiero cristiano, sia per raccontare la storia di Gesù che per definire la Sua Persona ed Opera. Di conseguenza, questi brani sono giunti ad avere un significato cristiano molto diverso da quello originalmente nella mente dei poeti israeliti.


Le maledizioni dei Salmi


Alcuni Salmi non solo gridano a che il giusto sia vendicato, ma pure a che Dio punisca il malvagio[11][11]. Tali preghiere riflettono la vocazione di Israele alla guerra santa come strumento del giudizio di Dio. Con la venuta di Cristo, il quale portò su di Sé il giudizio di Dio, la lotta del popolo di Dio continua, ma ora è diversa: “poiché il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori del mondo di tenebre di questa età, contro gli spiriti malvagi nei luoghi celesti” (Ef. 6:12). Nella guerra che dobbiamo combattere, ai cristiani viene comandato non di maledire, ma di benedire i loro nemici personali, di vincere il male con il bene (Ro. 12:17-21).
Titolo
“Salmi” significa “canti”, termine questo derivato dalla versione dei LXX, la prima traduzione greca dell’Antico Testamento. Anche il Nuovo Testamento usa questo nome[12][12]. Il termine ebraico corrispondente, mizmor, ricorre frequentemente nei Salmi e significa una canzone vocale o strumentale.


SCHEMA DEL LIBRO


1. Libro I, Salmi 1-41
2. Libro II, Salmi 42-72
3. Libro III, Salmi 73-89
4. Libro IV, Salmi 90-106
5. Libro V, Salmi 107-150.


Il canto dei Salmi (la salmodia)


Sin dall’inizio la comunità cristiana ha continuato la pratica della sinagoga israelita di cantare i Salmi. La maggior parte dei primi cristiani erano israeliti, per i quali i Salmi erano parte essenziale del culto, e lo erano perché prescritti da Dio stesso nella Sua Parola. Così era naturale che il Salterio prendesse pure il posto centrale del culto cristiano. Nel secondo secolo era normale che tutti i cristiani cantassero nel culto i Salmi della Bibbia. Nel quarto secolo ogni parte del culto cristiano e della disciplina devozionale era arricchita dal canto dei Salmi.

Anticamente vi erano diversi metodi di canto dei Salmi, incluso il canto dei Salmi con l’accompagnamento di uno strumento a corda, la ripetizione di ciascuna frase cantata da un solista, completare una frase iniziata da un cantore o con due metà di un coro addestrato che cantano antifonalmente.

Con la Riforma ha avuto inizio la tradizione di cantare i salmi metrici da parte dei laici nella propria lingua. Questo stile iniziò con Clément Marot, poeta della corte di Re Francesco I, il quale cominciò a tradurre i Salmi in versi francesi (1533). Popolarizzato dalla corte cattolica, questi salmi metrici furono ben presto adottati dagli Ugonotti (riformati francesi), e più tardi da Calvino, che per primo diede ai Salmi il loro posto formale nel culto.

La pratica di mettere i Salmi in versi si diffuse rapidamente in Europa. Thomas Sternhold cominciò a farlo in Inghilterra alla corte di Edoardo VI. Dopo la morte dello Sternhold (1543), John Hopkins portò avanti l’opera. Peter Dathenus tradusse il Salterio francese in Olandese (1566) e Ambrosius Lobwasser in tedesco (1573). Giovanni Diodati appone in appendice alla seconda edizione della sua versione della Bibbia in lingua italiana (1640) “I sacri salmi messi in rime volgari”.

Anche gli scozzesi e gli ungheresi svilupparono un loro Salterio. I Salmi dei frati benedettini e i Salmi metrici – caratteristica unica del culto riformato – si stagliano come i due più importanti usi liturgici dei Salmi nella storia cristiana. Recentemente si distingue la versione metrica dei Salmi prodotta dal religioso cattolico e poeta Davide Maria Turoldo.

I Salmi metrici divennero i precursori degli innari moderni. Dal tardo 19° secolo molte chiese riformate scelsero di usare innari, più che salteri. Oggi vi è un rinnovato interesse liturgico nella salmodia, e molte chiese riformate stanno ritornando a cantare i Salmi.

I Salmi di David (G. Diodati)
I Salmi di David (17--)

Beato l’huom che, dietro a ria scorta,
Del consiglio degli empi, orma non preme.
E ne la via dal ciel smarrita, e torta,
Co’ peccatori non si ferma insieme.
Né de la turba schernitrice siede, né la profana e pestilente sede.
Ma ‘l sol diletto, che gli stempra il core,
In sacra gioia, è la legge divina:
E la mente devota, a tutte l’hore,
Di notte, e giorno, a meditarla inchina:
A penetrar ne l’alto sentimento,
E di pio zelo, a osservarla intento.
Quindi egli sie simil ad un frondoso
Arbor, che posto in su le fresche rive,
D’acque correnti s’erge prosperoso:
Che ‘n sua stagion largheggia in frutti, e vive,
Serba le foglie: e del rotato cielo
Non teme il variar, in caldo o gelo.
E così d’esso avran l’opre, e l’imprese,
Di venturoso fin bella corona.
Agli empi queste sien gratie contese,
con che il Signor i giusti guiderdona.
Anzi fuscel, che ‘l vento caccia e volve,
Rassembreran, e lieve pula e polve.
E perciò non havran d’alzar la fronte,
Nel giudizio final, cor, né baldanza:
Ne d’apparir, di colpe carchi, e d’onte,
Fra la beata giusta radunanza.
Che de’ buoni il Signor la via gradisce:
Ma degli empi l’oprar lor perisce.

1.
Beato l'uomo che non camminò
Nel consiglio dell'empio, né fermò
Nel fallace sentier de' peccatori,
e la sede sprezzò de' schernitori,
ma di Dio la legge sol gradì,
Di notte meditar, lodar del dì.

2.
Qual arbore fecondo, che col piè
A limpido rusciello vicin è
A matura stagion li frutti porta,
né la fronda di lui mai langue smorta.
Tal nell'opere tutte che farà,
Il giusto sempre più prospererà.

3.
Ma de' malvagi non sarà così
Anzi di certo si vedrà quel dì
Che saran agitati con tormento,
Come pula si fà scherzo del vento:
E ritto nel giudizio niun sarà
Di loro, né tra giusti sederà.

4.
Che Dio l'onnisciente di lassù
vede l'opere tutte di qui giù,
E qual ama de' giusti l'alma pura,
Tal odia de' malvagi la natura;
Onde l'empio di certo perirà
Nella sua perversa iniquità.
||




[1][1] Terminologia: “Salterio”: il libro dei Salmi; “i salmisti”: gli scrittori dei Salmi.
[2][2] Preservata in 1 Cr. 15:16-24; 16:37-42, 25; 2 Cr. 29:25-30; Ez. 3:10,11.
[3][3] <<Al maestro del coro. Salmo di Davide, servo dell'Eterno, che rivolse all'Eterno le parole di questo cantico, nel giorno in cui l'Eterno lo liberò dalla mano di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul. Egli disse:>>
[4][4] 1 Sa. 16:14-23; 2 Sa. 1:17-27; 2 Sa. 22 ; 2 Sa. 23 :1 ; 1 Cr. 6 :31 ; 15 :16 ; 16 :7 ; Sl. 18 ; Am. 6 :5.
[5][5] Lu. 20:42; 24:44; At. 1:20.
[6][6] Sl. 3; 7; 18; 30; 34; 51; 52; 54; 56; 57; 59; 60; 63; 142.
[7][7] Per fare un esempio: perché un autore tardivo avrebbe connesso il Salmo 30 con l’inaugurazione del tempio, quando non vi è nel Salmo alcuna menzione del tempio?
[8][8] “Perché tumultuano le nazioni, e i popoli tramano cose vane?” (Sl. 2:1).
[9][9] “e dirà: «Ho insediato il mio re sopra Sion, il mio santo monte.” (Sl. 2:6).
[10][10] «Farò conoscere il tuo nome ai miei fratelli, io ti celebrerò in mezzo all'assemblea» (Eb. 2:12).
[11][11] “Sia la loro mensa un laccio davanti a loro, e la loro prosperità una trappola. Si offuschino i loro occhi, così che non vedano più, e fa' che i loro lombi vacillino continuamente. Riversa su di loro la tua ira e li raggiunga l'ardore del tuo sdegno. La loro dimora divenga una desolazione, e più nessuno abiti nelle loro tende, perché perseguitano colui che tu hai percosso, e parlano con piacere del dolore di coloro che tu hai ferito. Aggiungi questa colpa alla loro colpa, e non giungano mai ad aver parte della tua giustizia. Siano cancellati dal libro della vita e non siano iscritti fra i giusti” (Sl. 69:22-28).
[12][12] Lu. 20:42; 24:44; At. 1:20.